La Coop sono io…?!?

21 settembre, 2007

Già nel lontano novembre scorso, persino Beppe Grillo sollevò la questione dell’ingerenza politica nelle Coop, e nel mercato della grande distribuzione in generale…
per chi crede ancora alla favola de ‘La Coop sei tu’…

La Coop sono io

Pier_Luigi_Bersani.jpg

Dopo il caso dell’Antonveneta, dell’Unipol, della Banca Popolare Italiana, di Fazio, di Consorte, di Gnutti, di Ricucci, di Fiorani, della difesa dell’italianità e di una vicenda in cui in galera non ci sono andati soltanto i politici. Dopo tutto questo siamo punto e capo con la difesa del sacro suolo della Patria. Da quanto risulta Caprotti, il proprietario dell’Esselunga, vuole vendere alla multinazionale inglese Tesco. La Coop non è d’accordo. La Coop sei tu, ma anche Fassino, Bersani e D’Alema. E’ il forziere dei voti dei nuovi socialisti italiani: i Ds.
Esselunga ha comprato due pagine sul Corriere della Sera di oggi. Ci sono dichiarazioni interessanti degli ultimi anni. Alla faccia delle liberalizzazioni di Bersani.

“Mi dicono che Caprotti voglia vendere, guai a perdere Esselunga, deve rimanere in mani italiane. Mi sono spiegato?”
Cesare Geronzi
“…io credo che il sistema amministrativo abbia anche delle leve in mano. Così come il governo…Di sicuro nessuno entra in un mercato a dispetto della sua classe dirigente, politica, economica”
Pierluigi Bersani
“…sono rimaste le Coop e c’è ancora la Esselunga… il governo può metterle insieme… può fare una politica perchè stiano assieme…”
Romano Prodi

Caprotti venda alla Tesco. Portiamo in Italia i prezzi al dettaglio presenti negli altri Paesi europei. Importiamo la concorrenza. Evitiamo le tradotte familiari il fine settimana in Francia e in Svizzera per comprare prodotti alla metà della metà.
Il governo si occupi dei prezzi e non della Esselunga. E anche del fatto che tutta la distribuzione on line (il futuro) è già nelle mani degli stranieri.

Ps: Lo stabilimento Fruttagel di Senigallia con circa 200 dipendenti chiude. La Coop, se vuole e può, intervenga.”

dal Blog di Grillo

Technorati Tags: , , ,


Il mio atto d’accusa al sistema Coop, cifre alla mano

20 settembre, 2007

dalla lettera al Sole24Ore di Bernardo Caprotti (presidente di Esselunga)

“Caro direttore,
lo confesso. Sono imbarazzato, anzi, intimidito. Non
sono un uomo pubblico e non ricordo di aver mai scritto su un giornale.
Però la gentilezza con la quale me lo si è richiesto, mi ha indotto a
cimentarmi. Buona occasione – oltre che per ringraziare pubblicamente –
per pubblicamente rispondere all’ultima insolenza del presidente di
Ancc, Associazione nazionale cooperative consumatori, Aldo Soldi, che
ha appena dichiarato a un giornale che la questione Esselunga
appartiene al folklore. Come se noi di Esselunga ogni mattina ci
alzassimo, per poi passare la giornata a ballare la tarantella, o ci
unissimo alla sagra delle “colombe della pace”, tema per tanti anni
carissimo alle feste dell’Unità di tutta Italia. Vediamo allora, cifre
alla mano, il nostro e l’altrui folklore del 2006. Osserviamo cioè i
dati di bilancio delle cinque grandi cooperative (Unicoop Firenze, Coop
Adriatica, Coop Estense, Unicoop Tirreno, Coop Liguria) di cui
trattiamo nel volume «Falce e Carrello» che sarà presentato domani alla
stampa.
I dati, aggregati, li raffrontiamo ai dati 2006 di Esselunga (si veda la tabella).
È facile constatare che noi abbiamo prodotto, con 132 negozi e la metà
degli addetti, un risultato del 47% superiore a quello della Coop (del
367% superiore se escludiamo il frutto finanziario dell’anomalo
“prestito sociale”) e abbiamo “contribuito” con le nostre imposte per
più del doppio di tutti questi messi assieme.
Qualità, livello di
servizio ed eleganza a parte – tutti fattori opinabili – a quale
livello di prezzo si verifica quanto sopra? Di prezzo per il
consumatore, voglio dire. È vero almeno che costoro sono dei
benefattori?
Oltre a quanto già affermato lo scorso anno a mezzo
stampa e in parte riportato nel volume cui ho accennato, presento qui
due casi proprio recenti, attuali.
Nell’imminenza dell’evento,
abbiamo verificato cosa fa Coop Estense, la cooperativa modenese
presieduta da Mario Zucchelli, a Ferrara, splendida e ricca città ove
questa Coop è dominante a tal punto da avervi escluso persino
l’ipermercato della sorella Conad (Conad è anch’essa parte di Legacoop).
Abbiamo
raffrontato Ipercoop di Ferrara con Ipercoop Grand’Emilia di Modena e
poi con la piccola Esselunga di via Morane a Modena e con l’Esselunga
di via Ripamonti a Milano. Lo abbiamo fatto attraverso una nota società
specializzata in rilevamento prezzi su circa 3.100 prodotti uguali e
quindi direttamente confrontabili.
Gli indici di prezzo risultanti
mostrano Esselunga di Modena a 100, Esselunga di via Ripamonti a Milano
a 101, Ipercoop di Modena a 102 e Ipercoop Ferrara a 110. Abbiamo poi
fatto, noi, fisicamente 4 grosse spese di 150 articoli, acquistando gli
stessi prodotti nei 4 punti vendita citati (si tratta degli articoli
più comuni e centrali degli assortimenti, da Barilla a Nestlè, da
Lavazza a Coca-Cola). Ne esce che soci e consumatori di Ferrara (da
Ipercoop Il Castello di Ferrara, Coop Estense) pagano il 10% in più dei
modenesi che fanno la spesa a Grand’Emilia di Modena, medesima
cooperativa.[…]”
continua a leggere l’articolo->

Technorati Tags: , ,


Torna la ‘Topolino’?

30 agosto, 2007

 

UN ALTRO MITO CHE RISORGE? Dopo aver fatto rinascere la 500, la Fiat potrebbe rifare la Topolino (nella foto un modello del 1938), un'altra

 

UN ALTRO MITO CHE RISORGE? Dopo aver fatto rinascere la 500, la Fiat potrebbe rifare la Topolino (nella foto un modello del 1938), un’altra “micromacchina” che risponda alle esigenze di mobilità di base nelle città. Lo afferma il numero di settembre di Quattroruote, per il quale la nuova citycar potrebbe ospitare fino a quattro persone in meno di tre metri. Il mensile aggiunge che il progetto della piccola Fiat si preannuncia rivoluzionario, con trazione e motore posteriori rispetto alla tecnica impiegata comunemente di trazione e motore anteriori. Il propulsore dietro, aggiunge il giornale, è un vantaggio per la sicurezza poiché si elimina il rischio di intrusione nell’abitacolo in caso di incidente e perchè si tutela maggiormente l’incolumità dei pedoni. La Topolino, il cui vero nome commerciale è tutto da decidere, precisa Quattroruote, sarà un inedito bicilindrico a benzina di 900 cm3 turbo capace di viluppare tra 90 e 110 cv. Sarà innovativo anche lo schermo interno con i due posti supplementari posteriori rialzati, sopra il motore, per guadagnare spazio longitudinalmente. La citycar dovrebbe essere pronta per affrontare l’esame del mercato prima del 2009, conclude il mensile, sempre che la Fiat dia il via libera definitivo al progetto sviluppato in tutta segretezza a Torino.

Technorati Tags: , ,


«Mutuo sempre più caro, costretta a vendere casa»

30 agosto, 2007

Riporto una drammatica lettera pubblicata sul corriere di una ragazza che non riesce più a permettersi il mutuo per un appartamento di ben 40mq a Milano…

Dopo anni di affitto buttato al vento finalmente decido di comprare la mia prima casa. È la primavera del 2005, i tassi dei mutui sono bassi e le banche li tirano dietro. Trovo una casa piccola ma che amo dal primo momento. Me la compro da sola, con le mie forze e il mio stipendio. La rata è pari all’affitto mensile che pagavo prima. I conti tornano, ho fatto la scelta giusta. Ma anche un grande errore: opto per un tasso variabile forte delle rassicurazioni delle banche e anche del commercialista, tutti certi che, se oscillazioni ci sarebbero state, il tasso variabile sarebbe sempre risultato più conveniente rispetto a quello fisso. A due anni di distanza la mia rata del mutuo è cresciuta quasi del 50%, passata da poco più di mille euro al mese agli oltre 1.550 dell’ultima pagata qualche giorno fa. Ho chiesto spiegazioni alla banca fin dal primo aumento e hanno continuato a rassicurarmi: «Ha fatto la scelta giusta». La realtà però è che ad ogni mezzo punto di aumento del costo del denaro deciso dalla Bce, la mia banca ha aumentato il mutuo di oltre 80 euro al mese.
Ho letto che ci potrebbe essere un ulteriore aumento del costo del denaro ai primi di settembre, il che significa che la prossima rata mi costerà più di 1.600 euro. Francamente mi sembra di essere finita nelle mani di usurai, i quali, essendo ufficialmente banche, sono legalmente autorizzati a decidere rialzi folli a spese della gente onesta. La Lombardia ha stanziato un fondo per i giovani che acquistano la prima casa, ma per ottenere i contributi bisogna essere sposato. E io, anche se trentenne, sono single e non ne ho diritto. Però le tasse le pago ugualmente. Oggi il costo della rata è diventato impossibile da sostenere, ho tagliato tutto quello che potevo tagliare dalle mie altre spese con sacrifici enormi pur di salvare la mia casa. Ma non ce la faccio più, è diventato un costo impossibile. Non ho potuto far altro che vendere la casa, la mia prima casa. Per fortuna ho trovato già l’acquirente che, come me, si è innamorato di quei 40 metri quadri. È l’ultima decisione che avrei voluto prendere, ma l’unica che mi permette di non finire nei guai con il Tribunale che te la porta via.

vai al forum

Technorati Tags: , ,


Welfare, sinistra chiede incontro con Prodi

27 luglio, 2007

Sul welfare Romano Prodi stretto tra due fuochi: da un
lato la Cgil, che ha fatto sapere di non aver gradito la lettera del
premier in cui ha chiesto al segretario, Guglielmo Epifani, di firmare
l’intero protocollo; dall’altro, la sinistra radicale, che ha chiesto
un vertice urgente per discutere degli aspetti legati a competitività e
costo del lavoro.

INCONTRO – Il vertice richiesto dai ministri Ferrero,
Bianchi, Mussi e Pecoraro Scanio è in corso a Palazzo Chigi.
Ufficialmente sarà poi il prossimo Consiglio dei ministri del 3 agosto
la sede in cui si affronterà lo stato dell’arte sul protocollo per il
welfare.

MODIFICHE
Ferrero, Bianchi, Mussi e Pecoraro Scanio chiedono a Prodi di apportare
modifiche al protocollo, ha detto il ministro dell’Università, Fabio
Mussi: «La parte sulle pensioni è stata discussa in consiglio – ha
detto – ma le altre due no». Mussi fa riferimento al discorso sulla
competitività e sul costo del lavoro. E la questione appare spinosa
dato che, secondo Ferrero, c’è un terzo della maggioranza che non è
d’accordo. L’obiettivo è per questo capire cosa si possa modificare
delle misure per non rinviare il protocollo in Finanziaria, con il
rischio che si trasformi in un maxiemendamento su cui si il gopverno
sarebbe costretto a porre fiducia.

FERRERO – Conferma i nodi da sciogliere il ministro
della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero: «Il punto politico è che c’è
il dissenso della Cgil su una parte di quell’accordo. Inoltre c’è un
terzo della maggioranza che sostiene che quell’accordo vada
modificato». Proprio giovedì sera, Romano Prodi aveva inviato una lettera alla Cgil, chiedendo al segretario Guglielmo Epifani di firmare tutto il protocollo sul welfare e di continuare sulla strada della concertazione.
CGIL INSODDISFATTA – Anche la Cgil è polemica con il
premier: il sindacato si è detto «non soddisfatto» della risposta del
presidente del Consiglio Romano Prodi alla richiesta della Cgil di
firmare solo una parte dell’accordo sul welfare. Fonti vicine al
segretario generale Guglielmo Epifani spiegano che per il leader Cgil
la lettera di Prodi «non risponde a molte questioni poste». Epifani ha
annunciato che risponderà comunque alla lettera nei prossimi giorni.

dal Corriere

Technorati Tags: , ,


Alitalia, riprende quota l’opzione Air France

27 luglio, 2007

Tommaso Padoa-Schioppa inverte la rotta di e punta diritto su Parigi.
La strada più percorribile dopo il fallimento della gara, il ministro
per l’Economia l’ha lasciata intendere ieri durante un’audizione presso
le commissioni trasporti di Camera e Senato, dove tuttavia ha messo le
mani avanti spiegando che «la situazione è ancora fluida» e una scelta
non è ancora stata fatta. Nella serata di ieri si è tenuto un vertice a
palazzo Chigi con il premier Romano Prodi, il ministro del Tesoro, i
sottosegretari Massimo Tononi e Enrico Letta e il ministro per i
Trasporti, Alessandro Bianchi. Se ci sia stata fumata bianca non è dato
saperlo, anche perché pare che Bianchi sperasse ancora in una ripresa
dei contatti con la cordata italiana Intesa-AirOne.
Padoa–Schioppa
ieri ha ammesso il flop della procedura di gara imbastita l’anno
scorso. E nel chiedersi quale lezione il Governo abbia appreso da
questa esperienza ha rivelato: «abbiamo imparato che compagnie
internazionali come Air France e Lufthansa non hanno partecipato per
via della situazione industriale di Alitalia, ma soprattutto perché
avrebbero dovuto ufficializzare nei loro cda la partecipazione a questa
gara, rivelando così i loro piani e con il rischio poi di non vincerla».
Il
ministro ha poi annunciato che Alitalia nei prossimi giorni dovrà
riprendere iniziative richieste dalla Consob ma che sinora sono rimaste
sospese in attesa dell’esito della gara: l’approvazione delle linee
guida di un piano industriale e, poichè ricorrono gli estremi per
l’abbattimento del capitale a causa delle perdite, valutare
l’opportunità di varare un aumento di capitale. Il cda dovrebbe
compiere questi passi già mercoledì prossimo (sempre che l’accordo
politico sulla soluzione Padoa-Schioppa fosse raggiunto), ma a quel
punto dovrà recepire anche le dimissioni di Berardino Libonati, per il
quale il Tesoro sta già cercando un sostituto.
Il ministro ha
insistito nel mettere i puntini sulle «i» a proposito dell’autonomia
della società che non è «il braccio secolare del Governo» e che ha
interessi non coincidenti con quelli dell’azionista. E poi ha delineato
quelle che a suo avviso sono le alternative rimaste: una cessione
all’asta dei diritti di opzione del Tesoro sull’aumento di capitale al
migliore offerente, che si aggiudicherebbe la società. È la strada più
trasparente per l’Esecutivo, ma aprirebbe la via ai fondi locusta. «Non
vogliamo vendere Alitalia a chiunque – ha chiosato – ma a soggetti che
la rendeno parte di un progetto strategico».
L’ultima chance, se si
esclude la liquidazione («non c’è intenzione di farla – ha detto – non
ricorrono i requisiti né economici né giuridici»), resta la trattativa
privata. Difficile da giustificare per un Governo: non è stata mai
seguita in Italia negli ultimi 20 anni e rende complicato spiegare
perché si invitano «uno o due soggetti» e non altri. Già, ma una
scappatoia il ministro ce l’ha: e cioè lasciare che sia il nuovo
management di Alitalia a ricercare un alleato industriale, un percorso
che la società seguirebbe in completa autonomia e sul quale il Tesoro
potrebbe al limite esprimere un gradimento. Se l’alleato piace, il
ministero gli cede i diritti di opzione per l’aumento di capitale: lo
Stato si diluirebbe al 5-10%, il nuovo socio – un vettore
internazionale come AirFrance che è già alleata di Alitalia –
entrerebbe nel capitale, forse dovrebbe lanciare un’Opa ma sicuramente
non avrebbe l’obbligo di comprare dallo Stato i 400 milioni di Mengozzi
bond. Padoa Schioppa ha ammesso che la precedente gara ha evidenziato
«criticità» e che per poter avviare la trattativa privata «alcune
condizioni per noi prima irrinunciabili ora dovranno essere cambiate».
Tra queste l’attivazione di ammortizzatori sociali (leggi cassa
integrazione), la soluzione del nodo Az Service, con i suoi contratti
fuori mercato e la ridondanza di personale, la riduzione delle penali.
Peccato che queste fossero alcune delle condizioni chiave (eccetto la
negoziazione con i sindacati e la deroga ai limiti antitrust) chieste
da AirOne e da Intesa e sulle quali il ministero ha risposto picche
nella bozza di contratto causando il loro ritiro dalla gara. Perché
prima erano un muro insormontabile e oggi invece possono essere
superate? E ancora, ci si chiede, se fare otto mesi di gara, con spese
a carico dei concorrenti e sul contribuente, fosse davvero uno scotto
da pagare per poi poter avere le mani libere e negoziare direttamente
con AirFrance.

dal Sole24Ore

Technorati Tags: , ,


Intercettazioni, politici consapevoli complici

20 luglio, 2007

L’appuntamento era previsto, per i tempi della
procedura. Ma i giudizi contenuti nelle motivazioni delle ordinanze
riapriranno polemiche. Il Giudice per le indagini preliminari (Gip) di
Milano Clementina Forleo che ha in mano il fascicolo sulle
intercettazioni dei politici nei casi Unipol e Antonveneta non è tenero
e in una delle due ordinanze (relativa alla tentata scalat alla Rcs)
sostiene che «appare evidente come l’operazione in questione abbia
avuto i suoi supporters in personaggi politici evidentemente
interessati alla buona riuscita della stessa per finalità altrettanto
evidentemente comprensibili in quanto legate alla tipologia del gruppo
oggetto della scalata in questione». Insomma , non semplicemente
«tifosi» di una parte, ma sostenitori attivi. Il Gup ha presentato le
ordinanze al Parlamento relativamente a 68 telefonate su 73 a
disposizione dei magistrati. Ora tocca al Parlamento valutarne
l’utilizzabilità ai fini dell’inchiesta.

DUE ORDINANZE, SEI NOMI
– Sei i nomi dei politici che ricorrono nelle due ordinanze depositate
dalla Forleo. In quella che riguarda più specificatamente la vicenda
Antonveneta, le telefonate intercettate riguardano il senatore Luigi
Grillo (Fi). Nella seconda ordinanza, quella relativa a Bnl e alla
società editrice Rcs, le conversazioni per cui si chiede il via libera
al Parlamento riguardano Massimo D’Alema, Piero Fassino e Nicola
Latorre (tutti e tre Diessini), Salvatore Cicu e Romano Comincioli
(entrambi di Forza Italia).

BNL
– Ecco alcuni passaggi del testo in riferimento alla sclata Bnl di
Unipol. «Sarà proprio il placet del Parlamento a rendere possibile la
procedibilità penale nei confronti di suoi membri – inquietanti
interlocutori di numerose di dette conversazioni soprattutto
intervenute sull’utenza in uso al Consorte (l’ex presidente dell’Unipol
Giovanni Consorte ndr) – i quali all’evidenza appaiono non passivi
ricettori di informazioni pur penalmente rilevanti nè personaggi
animati da sana tifoseria per opposte forze in campo, ma consapevoli
complici di un disegno criminoso di ampia portata».

RCS
– «Appare evidente come l’operazione in questione abbia avuto i suoi
supporters in personaggi politici evidentemente interessati alla buona
riuscita della stessa per finalità altrettanto evidentemente
comprensibili in quanto legate alla tipologia del gruppo oggetto della
scalata in questione». In questo caso il Gip si riferisce proprio alla
scalata della Rcs e aggiunge: «Si ha inoltre ulteriore conferma, dal
tenore di tali conversazioni, e dai soggetti tirati in ballo,
dell’intreccio della scalata in questione con quella concernente
Antonveneta».
DANNI AI RISPARMIATORI
Un altro passaggio è dedicato agli effetti delle manovre effettuate per
metter in atto le scalate. «Nelle vicende di cui si tratta – pur a un
certo punto bloccate attraverso l’intervento della Consob e della
magistratura – non può non sottacersi la grave ricaduta delle condotte
incriminate non solo sull’immagine del Paese – messo a nudo nella sua
realtà istituzionale anche nei confronti della comunità internazionale
– ma anche sul singolo risparmiatore-investitore, debole e ultimo
anello della catena su cui riversare le conseguenze di tali condotte».
dal Corriere

Technorati Tags: , , ,


Riforma previdenziale

20 luglio, 2007

Ecco in sintesi le principali novità della nuova riforma pensionistica prevista dall’accordo tra governo e sindacati.

LAVORI USURANTI – Dalla riforma è esclusa una platea di circa 1,4 milioni di lavoratori impiegati in mansioni usuranti (miniere, cave e catene di montaggio).

LE DONNE – L’età di vecchiaia delle donne resta a 60 anni, nonostante le pressioni del ministro Radicale Emma Bonino di portarla a 62.

LE «FINESTRE» – Chi avrà maturato 40 anni di contributi potrà lasciare il lavoro con quattro finestre annuali, invece delle due previste dalla Maroni.

I COEFFICIENTI – L’altro scoglio di questi mesi, il taglio dei coefficienti, è stato invece rinviato al 2010 e sarà triennale e automatico ma verrà fissato sulla base di nuovi parametri attraverso il lavoro di una specifica commissione che deciderà entro il 2008.

dal Corriere

Technorati Tags: , ,


Benzina più cara della media Ue

19 luglio, 2007

Non arretra, non si attenua e men che mai svanisce. Nonostante quindici anni di sforzi e promesse la “tassa” che pagano tutti gli italiani sull’inefficienza della rete di vendita dei carburanti rimane lì, praticamente invariata. Oggi il maggior costo medio di un litro di carburante rispetto all’Europa vale ancora 3,8 centesimi di euro, calcola un dettagliato studio di Nomisma Energia commissionato dall’Unione petrolifera proprio mentre siamo in una nuova fase calda della “modernizzazione” dei distributori. Calda perché non priva – osservano gli esperti – di vistose contraddizioni.
Fino a ieri la strada maestra era quella della razionalizzazione di una rete troppo frammentata, improduttiva, incapace di garantire redditi adeguati ai gestori pur con un margine unitario tra i più alti del mondo. Via dunque, negli scorsi anni, alla chiusura anche forzosa degli impianti più piccoli e vecchi, magari ridondanti sul territorio, a favore di impianti meno numerosi ma più grandi e meglio collocati, capaci di garantire margini di reddito dai carburanti ma anche da prodotti e servizi “non oil”. Oggi il criterio guida è diventato quello della liberalizzazione, ben sorretta dalle ultime azioni dell’Antitrust. Strade conciliabili? Forse sì, ma non è detto.
Il ministro dello Sviluppo Pier Luigi Bersani ne fa uno degli elementi delle sue “lenzuolate” liberalizzatorie, guadagnandosi però qualche obiezione dai petrolieri, che chiedono a questo punto di svincolare davvero tutto: anche gli orari e la contrattualistica. Nel frattempo l’Antitrust insiste, di nuovo, sui sospetti di cartello tra le compagnie petrolifere. E queste hanno appena risposto con una serie di impegni: no alla pubblicazione anticipata dei prezzi, no a prezzi “di riferimento” uniformi sul territorio, disponibilità a vendere quote crescenti di prodotti raffinati a operatori indipendenti, promozione di accordi per la vendita a prezzi scontati nelle grandi aree commerciali. Si farà un primo bilancio già a settembre.
Intanto Nomisma Energia mette il dito nella piaga. La “razionalizzazione” partita (nelle intenzioni) nei primissimi anni ’90 non ha prodotto un granché. Il numero degli impianti supera ancora le 22mila unità, con una densità ben superiore agli altri Paesi d’Europa. E le chiusure, come tutti i cittadini sanno, sono avvenute senza un vero criterio: intere aree sono rimaste sguarnite mentre sopravvivono aree dove i distributori si accavallano tra loro.
Nel frattempo continuiamo a pagare di più, a vantaggio di nessuno. Perché la “sovratassa inefficienza” di 3,8 centesimi è composta – rimarca Davide Tabarelli per Nomisma Energia – da 1,5 centesimi attribuibili alla scarsa diffusione del post pay “vero” (fai benzina da solo durante il normale orario di apertura e poi vai a pagare alla cassa, come all’estero fanno praticamente tutti), da 1,1 cent dovuti alla scarsa flessibilità commerciale, da 0,8 cent ancora dovuti alla frammentazione della rete contraddistinta dal più basso erogato medio, che si “mangia” abbondantemente i più alti margini unitari garantiti a gestori sottoposti peraltro a limiti d’orario piuttosto rigidi, e infine da 0,4 euro dovuti alla mancanza dei benefici altrimenti garantiti dagli impianti inseriti nelle strutture della grande distribuzione organizzata.
Speculazioni? No, taglia corto Nomisma Energia. Tutta colpa dell’inefficienza, che anzi scarica i maggiori costi di distribuzione «sui prezzi finali, con una minore redditività complessiva sia per le compagnie petrolifere che per i gestori». Tant’è che la dinamica dei listini nell’ultimo quadriennio mostra che «le variazioni dei prezzi alla pompa sono state allineate a quelle del mercato internazionale, senza generare danni nei confronti dei consumatori».

Federico Rendina sul Sole24Ore

Technorati Tags: ,


«Alitalia, vendita o liquidazione»

19 luglio, 2007

Nessuno, adesso, è autorizzato a pensare che il governo possa fare marcia indietro.
I partiti, che sotto sotto la decisione di vendere ai privati
l’Alitalia non l’hanno mai digerita, sono avvertiti. E sono avvertiti
anche i sindacati, che qualche bastone, e nemmeno troppo piccolo, fra
le ruote della gara l’hanno messo eccome. «Oltre la vendita, c’è
soltanto la liquidazione», chiarisce Tommaso Padoa-Schioppa.
«Liquidazione », una parola che pesa come un macigno, e che il ministro
dell’Economia per la prima volta pronuncia pubblicamente, parlando solo
ora, a gara chiusa, dopo aver osservato sull’argomento un’assoluta
riservatezza. «Liquidazione», finora uno spauracchio che nessuno aveva
preso seriamente in considerazione. Forse neppure chi, come l’ex
ministro Roberto Maroni, aveva proclamato, non più tardi di un anno e
mezzo fa: «Il governo non può e non deve dare più un centesimo
all’Alitalia. Se non ha la forza per competere porti i libri in
tribunale». Padoa-Schioppa sottolinea l’evidenza dei fatti: «È una
società in perdita, nella quale lo Stato non può più mettere capitali
», anche perché l’Unione Europea non lo consentirebbe. Ma il ministro
afferma di non credere «che la notizia di ieri (il ritiro dell’AirOne
dalla gara, ndr) significhi che l’opzione della vendita sia stata
esplorata fino in fondo». Il Tesoro, insomma, non ha ancora gettato la
spugna: «In queste ore stiamo esplorando le alternative, per capire
quali altre modalità ci siano per procedere alla cessione del controllo
della compagnia, dopo che quella scelta ha dato l’esito che ha dato».
Cioè, è miseramente fallita. Come nessuno, a via XX settembre, si
poteva aspettare. Eppure Padoa-Schioppa dice di non essersi mai pentito
di aver preso la decisione di indire la gara: «Se pure fossi stato
consapevole del rischio che potesse andare a finire così, l’avrei fatto
lo stesso. L’Alitalia era come la nazionale di calcio, che ha 58
milioni di commissari tecnici. Ognuno aveva la sua formazione e il suo
compratore preferito: chi voleva puntare sull’hub di Malpensa, chi
rafforzare Fiumicino, chi venderla ai cinesi, chi agli arabi, chi
ancora ad AirOne». Per questo sostiene che una gara era necessaria.
«Dovevamo porre condizioni precise e trasparenti. E non escludere alcun
potenziale acquirente. Il fatto è che il privato può scegliere a chi
vendere, ma lo Stato, se vuole essere un buon venditore, deve seguire
le procedure. In più c’erano molte condizioni da rispettare. Ecco, la
gara è stata il modo per esplorare questa via». Nonostante alla fine,
di compratori, ne sia rimasto soltanto uno. «E fortemente interessato»,
aggiunge il ministro dell’Economia. Precisando che la procedura di per
sé non fissava particolari paletti né sull’occupazione, né sul prezzo e
che «le uniche due condizioni poste dall’interlocutore come dirimenti,
e cioè che l’eventuale giudizio negativo dell’Antitrust o il cattivo
esito dei negoziati sindacali fossero causa di sospensione
dell’operazione, le avevamo accettate».
continua sul Corriere…

comunque, come si può pretendere che un privato acquisti Alitalia senza la possibilità di licenziare tutto il personale oggettivamente in esubero?
perchè il problema ovviamente è che i sindacati renderebbero impossibile qualsiasi risanamento che non mantenesse gli attuali privilegi…

Technorati Tags: