«La corruzione è dilagante – l’Italia può restare schiacciata»

23 febbraio, 2010

L’allarme dell’ex ministro dell’Interno Pisanu: subito le norme anticorrotti del premier e antimafia. Ma basterà?

Una nuova Tangentopoli? L’Italia del 2010 come quella del 1992? «No. Per certi versi, siamo oltre. Allora crollò il sistema del finanziamento dei partiti. Oggi è la coesione sociale, è la stessa unità nazionale a essere in discussione, al punto da venire apertamente negata, anche da forze di governo. Si chiude l’orizzonte dell’interesse generale e si aprono le cateratte dell’interesse privato, dell’arricchimento personale, della corruzione dilagante».

«Sono giorni che vado maturando queste parole – dice Giuseppe Pisanu, capo della segreteria politica di Moro, ministro dell’Interno, oggi presidente dell’Antimafia -. Esitavo a dirle, perché mi parevano eccessive. Apocalittiche. Poi mi sono ricordato che in Giovanni il linguaggio apocalittico è l’altra forma del linguaggio profetico. Quindi non credo di esagerare se dico che è il Paese a essere corrotto. C’è la corruzione endemica, denunciata dalla Corte dei Conti; e c’è quella più strutturata e sfuggente delle grandi organizzazioni criminali, tra le più potenti al mondo. In ordine d’importanza: ’ndrangheta, Cosa Nostra, camorra». La ’ndrangheta calabrese più importante della mafia siciliana? «Sì. A Milano controlla il 90% delle cosche. Ogni anno le mafie riversano su tutta l’Italia fiumi di danaro sporco, che vengono immessi nell’economia legale con l’attiva collaborazione di pezzi importanti della società civile: liberi professionisti, imprenditori, banchieri, funzionari pubblici e uomini politici a ogni livello. Tiri le somme, e capirà perché l’Italia è così in basso nelle graduatorie mondiali sulla corruzione e le libertà economiche».

Ma dell’inchiesta sulla Protezione Civile che idea si è fatto? «Non parlerei di nuova Tangentopoli. Il contesto è diverso anche se il fango è lo stesso. Speriamo che si arrivi presto alla verità e senza vittime innocenti. Diciotto anni fa furono troppe, e la giustizia pagò i suoi errori perdendo dignità e consenso. Bertolaso è un efficiente manager dello Stato, che ha lavorato bene; mi chiedo però se, fermi restando i suoi grandi meriti, non sia rimasto anche lui vittima della logica dell’emergenza. Lasciamo ai magistrati e agli avvocati la vicenda giudiziaria. Interroghiamoci piuttosto sul dilagare della corruzione pubblica e privata e sui rimedi necessari, prima che disgreghi le basi della convivenza civile e delle istituzioni democratiche». Dice Pisanu che «il Paese rischia di piegarsi sotto il peso dell’illegalità. Non sarei così preoccupato se fossi sicuro della tenuta della società civile e dello stesso patto costituzionale».

Non le dice nulla la coltre d’indifferenza calata sulle celebrazioni dei 150 anni dell’unità nazionale? «Nel 1961 celebrammo il centenario all’insegna del miracolo economico e della continuità ideale tra Risorgimento, Resistenza ed europeismo. Oggi l’idea dell’unità nazionale è ridotta a mera oleo g r a f i a , quando non è apertamente negata. Basta guardarsi intorno: crisi generale e immigrazione maldigerita; riletture faziose della storia risorgimentale e serpeggianti minacce di secessione; crescente divario economico e sociale tra il Nord e il Sud del Paese. È un’Italia divisa e smarrita. Non a caso, le indagini sociologiche ci rivelano un 25-30% di italiani reciprocamente risentiti e sempre più distanti gli uni dagli altri. Il peggio è che il risentimento è entrato anche in taluni gruppi politici e, tramite loro, influenza comportamenti istituzionali e prassi di governo ». Pensa alla Lega? «Certo, ma non solo. Anche ai vari movimenti sudisti, da Lombardo alla Poli Bortone a Bassolino: le leghe prossime venture. In generale, è chiaro che, quando si riduce la nozione stessa di bene comune, decade lo spirito pubblico, si allentano i vincoli della legge e si spiana la strada alla corruzione».

Quali allora i rimedi? «Si ponga mano subito alle proposte anticorruzione di Berlusconi. Al riordino della pubblica amministrazione. Al taglio dei rapporti incestuosi tra economia e politica. Al regolamento antimafia per la formazione delle liste». Sulla legge anticorruzione molti ministri sono perplessi. «Penso e spero che le perplessità siano state di carattere formale, che non riguardino l’obiettivo della lotta alla corruzione. Ma, posto che queste cose si facciano, non basteranno. Secondo me, si dovrà agire più in profondità: nelle viscere della “nazione difficile”, dove il patto unitario e il contratto sociale debbono essere rinnovati ogni giorno come il famoso plebiscito di Renan. Il problema è innanzitutto politico, e non possiamo certo risolverlo con il bipolarismo selvaggio, con lo scontro sistematico tra maggioranza e opposizione che ha trasformato questo primo scorcio di legislatura in una snervante campagna elettorale. Serve invece il confronto delle idee, serve la competizione democratica, in cui vince chi indica le soluzioni migliori ai problemi che abbiamo davanti».

Sostiene Pisanu che «è necessario un profondo rinnovamento del ceto politico. A condizione che lo si realizzi con strumenti neutrali: non sia la magistratura ma la politica a guidare il processo, o meglio siano gli elettori, grazie a una nuova legge elettorale che consenta ampia libertà di scelta. Il ricambio ci potrà salvare se servirà davvero a migliorare la qualità della classe politica. Come diceva Fanfani, “si può essere bischeri anche a diciott’anni”. La Commissione antimafia da me presieduta darà il suo contributo facendo, dopo le Regionali, una verifica accurata sugli eletti. Abbiamo il potere di avvalerci delle strutture dello Stato, delle forze dell’ordine, della stessa magistratura, e lo useremo. Siamo in grado di fare gli accertamenti più scrupolosi e approfonditi, e li faremo».

«La questione morale non solo esiste; è antica come le Sacre Scritture e moderna come la nostra Costituzione – dice Pisanu -. Ne parla il nuovo libro di Giovanni Galloni, che riferisce l’ultimo colloquio con Dossetti prima della sua morte, in cui il vicesegretario della Dc degasperiana ammonisce che, finita l’epoca dei partiti ideologici, si deve tornare alla cultura politica della Carta costituzionale. Certamente vengono da lì i valori e le regole di cui abbiamo bisogno per vincere non soltanto la corruzione ma anche la più estesa malattia politica che sta mettendo a dura prova l’Italia. Il pericolo che corriamo mi ricorda la frase che feci riprodurre suimanifesti della Dc in morte di Aldo Moro. Un pensiero che lo assillava negli ultimi tempi della sua vita: “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se non nascerà in noi un nuovo senso del dovere”».

Aldo Cazzullo sul Corriere.it


L’assessore regionale pro-pendolari «bloccato» dalla Polfer in treno

16 gennaio, 2009
DA ALCUNI GIORNI il responsabile dei trasporti STAVA VERIFICANDO IL SERVIZIO

Raffaele Cattaneo e il fotografo che lo accompagnava senza permesso sono stati identificati. Il convoglio ha avuto oltre mezz’ora di ritardo

 

Raffaele Cattaneo in treno con i pendolari (Newpress)
Raffaele Cattaneo in treno con i pendolari (Newpress)

 

MILANO – Ormai da alcuni giorni l’assessore ai Trasporti della Lombardia, Raffaele Cattaneo, prende i treni dei pendolari per vedere com’è il servizio. Questa mattina però il suo viaggio sul treno in partenza da Bergamo alle 7.32 per Milano – uno dei peggiori – è finito con la Polfer che lo ha identificato. Cattaneo era accompagnato da un giornalista e da un fotografo, che ha ripreso alcune immagini. Arrivati alla stazione di Lambrate, ha spiegato Cattaneo, il capotreno si è accorto del fotografo e ha chiamato la Polfer. «È sconcertante un trattamento da modello sovietico come nemico della patria – ha commentato Cattaneo -. Sono amareggiato e sorpreso che Trenitalia si preoccupi di chi fa le foto e non della qualità del servizio».

MEZZ’ORA DI RITARDO – Il treno in questione è arrivato a Milano Centrale – anche a causa del tempo perso per controllare l’identità dell’assessore e del fotografo da parte della Polfer a Lambrate – con 34 minuti di ritardo. Ma nel viaggio che Cattaneo ha fatto assieme al sottosegretario della Lombardia, Marcello Raimondi, ha anche visto due carrozze chiuse, aperte in un secondo momento, due carrozze senza riscaldamento e una sporcizia tale da aver trovato anche una bottiglia di spumante vuota. «Quando siamo arrivati – ha spiegato Cattaneo – ho chiamato immediatamente il direttore nazionale del servizio regionale di Trenitalia Laguzzi, con cui ho un appuntamento questa mattina. Sono il loro principale cliente, come Regione, e fra le funzioni che ho c’è anche quella del controllo del servizio, che ho esercitato nel modo più elementare prendendo il treno e pagando regolarmente il biglietto. Negli ultimi cinque giorni ho preso cinque treni diversi. Sono sorpreso che non controllino i biglietti ma chi fa le fotografie».

LE FOTO IN TRENO – A proposito delle fotografie, l’ufficio stampa Fs fa sapere che, per motivi di privacy, da anni le ferrovie non autorizzano generiche riprese fotografiche e video sui treni di Trenitalia, salvo autorizzazioni particolari. Cattaneo non aveva comunque richiesto alcun permesso.

dal Corriere


Treni, risarcito il danno esistenziale

12 gennaio, 2009

Pendolare vince la causa. Altri viaggiatori pronti a chiedere l’indennizzo

MILANO — É scritto chiaro, che più chiaro non si può: è un danno esistenziale, che provoca «grave stato di disagio oltre che fisico anche psicologico ». Treni in ritardo, vagoni sporchi e sovraffollati, riscaldamenti rotti e aria condizionata fuori servizio — insomma tutti i guai che i pendolari ben conoscono — sono infatti una «violazione delle norme che regolano l’erogazione dei servizi pubblici, ma anche, anzi soprattutto, dei diritti fondamentali della persona che ispirano la nostra Costituzione, come quelli che attengono al rispetto della personalità e alla intangibilità della dignità dei cittadini, indubbiamente mortificate, per quelli di loro che sono costretti a raggiungere col mezzo ferroviario lontani posti di lavoro, dalle inacettabili e umilianti condizioni alle quali debbono sottostare per diretta conseguenza di disservizi di vario tipo riconducibili a responsabilità del vettore».

È la sentenza del giudice di pace piacentino Luigi Cutaia, depositata il 30 dicembre, con la quale il pendolare Umberto Fantigrossi, che aveva promosso la causa all’inizio del 2008, si è visto riconoscere 1.000 euro di risarcimento, mentre Trenitalia dovrà sborsarne anche altri 1.500 per le spese processuali. «Abbiamo fissato questo principio, è una bella soddisfazione », dice Fantigrossi che si è affidato alla difesa dell’avvocato Maria Paola Canepari, una sua collega. Fantigrossi stesso — studio a Piacenza e a Milano, lezioni all’università Cattaneo di Castellanza — è infatti un legale esperto in diritto amministrativo, con particolare attenzione alle questioni ambientali, urbanistiche, sanitarie. Sarà per questo, e per i vent’anni che ha passato sulla Piacenza- Milano, che — in accordo con il comitato pendolari di cui sarà difensore — ha fatto da apripista: perché ora, vinta questa causa, almeno altri cinque viaggiatori sono pronti ad aprirne altrettante a Piacenza (compreso Ettore Fittavolini, il presidente dell’Associazione dei viaggiatori), e chissà quanti potrebbero imitarli in Lombardia (350 mila utenti) e nell’intero Paese.

Trenitalia preparerà un ricorso in Cassazione? «Non lo temiamo — sottolinea Fantigrossi —. La sentenza è molto forte, appunto perché sottolinea che i disservizi vanno a incidere su valori protetti dalla Carta costituzionale». Non è tutto: «Per la prima volta è stato riconosciuto a un viaggiatore il risarcimento non per un singolo episodio di ritardo (come avviene ad esempio per il bonus), ma per il mancato rispetto degli standard di qualità e pulizia». Secondo la difesa di Trenitalia, solo la Regione — titolare del contratto di servizio — sarebbe stata autorizzata a reclamare quello standard, appunto definito nell’intesa: «Siamo riusciti a ribaltare questa logica, sostenendo che il diritto a essere trasportati e quello alla qualità del viaggio si integrano». Avvocato Fantigrossi, c’è un viaggio terribile dietro la decisione di intentare questa causa, un episodio preciso? «No, non uno. È la quotidianità del disagio che stanca. La sera, da Milano a Lodi, per fare un solo esempio, si sta in piedi: è una certezza matematica».

Laura Guardini dal Corriere


Io, sieropositiva: Milano fa paura

9 ottobre, 2008

Sesso facile, tradimenti e ignoranza. Lo specialista Moroni: ogni giorno tre adulti si infettano in questa città

Aids: «Ci spogliamo, finalmente è arrivato il momento, ma alt, ferma un attimo, è giusto dirglielo che sono

sieropositiva. Glielo dico. E lui “ah no, guarda, così è diverso”, e se ne va, nel senso che mi molla, non ci vediamo più, basta, chiuso, e io ero innamorata, giuro, non sono una facile. Purtroppo». Aids: «Tanti miei amici sanno che sono malata da anni. Sanno tutto, e gli faccio una testa così, sulle precauzioni. Mi dicono, certi giorni: “Angelina, stanotte sapessi che ho fatto…”. E io: “Il preservativo l’hai usato, vero?”. “Mica serve. Quella lì, sicuramente, non ce l’ha, l’Aids. È sposata, lavora, dovresti vedere che bellezza, che forme, no, non può essere malata». Dice l’infettivologo Mauro Moroni che in città ci son «tre nuovi infettati al giorno».

E questi nuovi infettati, un esercito di 30 e 40enni — gente con esistenze, professioni, famiglie, passatempi da milanesi, se vi piace usiamo l’aggettivo «normali», gente che si diverte, incontra, finisce a letto —, questi nuovi infettati Angela li vede, conta, ascolta, e ne piange l’ignoranza, o l’arroganza, o la presunzione. Angela fa la volontaria per Anlaids, l’associazione nazionale per la lotta all’Aids. Ha 46 anni. L’ha infettata un fidanzato, poi morto. «Aveva l’Aids. Non lo sapevo. A lungo non l’ha saputo nemmeno lui. E chi lo usa, oggi, il preservativo. I genitori non ne parlano coi figli: è ancora un tabù. E nel rapporto sessuale, il preservativo è ancora visto come un ostacolo, una cosa medievale… Certi pazzi, quando vanno a prostitute, pagano il triplo per non indossarlo, ma lì c’è l’adrenalina, il piacere del rischio… In tutti gli altri casi, è idiozia pura». Oppure non è semplice idiozia. «In fondo, un orgasmo cos’è? Una roba di cinque, dieci minuti? D’accordo, e poi? È questo soltanto il sesso, un orgasmo rapido? Nient’altro? E allora ci vorrebbe una rieducazione al sesso. Ci vorrebbe rispetto. Per se stessi. Per gli altri ». Noi e gli altri. Casi e storie. Amori e convivenze, passioni e tradimenti. E sesso, sesso, sesso. Casi e storie. Lui e lei. Lei: io moglie, mi comporto bene, sto solo con mio marito, lui va con altre, infettate, e m’infetta, rimango incinta, e infetto mio figlio. Lui: io marito, sono monogamo, solo mia moglie, e lei fa sesso con un amante, che ha contratto il virus in precedenza con un’altra, lo trasmette a mia moglie, e il virus arriva a me, tu pensa, maledizione, a me che una volta al mese puntualissimo faccio il test.

«Ogni giorno, a Milano, ci son tre nuovi infettati» ripete Moroni. «E non c’è nessun ragazzino, tra loro. Nessuno. Solo adulti» dice Angela. «Prendono un raffreddore, che non passa, o passa e torna più bastardo di prima. Vanno a fare dei controlli, e oplà, scoprono d’essere sieropositivi… Non subito. Anche anni dopo. Quando ti sei sistemato, hai messo su casa e messo al mondo due pargoli. Ti piomba dentro, e tu: “Io? E com’è possibile?”». Com’è possibile, Angela? «C’è chi è talmente sicuro di sé da non usare mai il preservativo. Dice: “Non scelgo persone malate, ho occhio, sono intelligente, conosco il mondo, io il mondo lo viaggio. Soprattutto, mi fido”. Presuntuosi: pensano di guardare negli occhi un estraneo, e subire capire, con uno sguardo. Chi ha in mente l’immagine del sieropositivo come uno scheletro vivente, si sbaglia. Medicine, pillole, continui esami, oggi si muore più tardi, rispetto al passato. Si dura di più. Chiaro. Prendi continui raffreddori, polmoniti, il fisico è debole, debolissimo. Quanto alle medicine, sono come cicli di chemioterapia. Con certi effetti collaterali… Per dire, capita che sotto la cintura perdi tre taglie e sopra la cintura ne prendi quattro, diventi una figura grottesca, smilza e obesa al contempo. Ma alla fine, se t’impegni riesci a stare a galla, a non trasformarti in un mostro…». A non farlo vedere.

Angela aveva un lavoro («Non ti licenziano perché sieropositiva, però ti fanno capire che sarebbe meglio andar via, per te e per loro») e fa fatica perfino a trovarsi un dentista («Ah, sieropositiva…»). Non la turba, questa vita a ostacoli. «Faccio più fatica di altri a progettare. Non ho potuto aver figli, le relazioni son quelle che sono, il fisico anche. C’è depressione. Fa male. Ma fa più male, agli incontri in associazione, questa scena qui, frequente. Io arrivo, c’è gente nuova, non dico che sono sieropositiva, poi lo dico e vedo qualcuno che non ci crede, “Come, tu? Sei normale”, perché fisicamente non si nota niente di strano. E io “Guarda che anche tu sei normale, ma che ne sai delle persone con cui fai sesso, e di quelle con cui loro l’hanno fatto, e di come l’hanno fatto, eh, che ne sai?».

Andrea Galli sul Corriere


Il sogno di Starck: un mulino (a vento) su ogni tetto

5 agosto, 2008
Un microgeneratore eolico permetterà di risparmiare l’80 per cento dell’energia utilizzata nelle abitazioni
MILANO – Quando scienza, ecologia e design vanno a braccetto, si può stare certi che di mezzo c’è lo zampino di Philippe Starck, il
creativo francese che dopo avere legato il suo nome alla produzione di
mobili e complementi d’arredo al tempo stesso sexy e (relativamente)
alla portata di tutti, facendosi così paladino del «democratic design»,
intravede ora per se stesso e per il mondo del design nel suo
complesso, un futuro tutto all’insegna del verde. E’ insomma l’era
dell’«ecologic design» e l’ariete con cui si prepara a sfondare il
mercato degli ecodispositivi domestici è un microgeneratore di energia
che promette di abbattere dell’80% il ricorso alle forme di energia
tradizionali. Un piccolo mulino a vento che, nella filosofia
starckiana, non è solo funzionale ma anche e soprattutto bello.

Il mulino a vento disegnato da Philippe Starck
Il mulino a vento disegnato da Philippe Starck

PRODOTTO ITALIANO – Presentato ad aprile nel corso
del Salone del mobile di Milano, il l’«Eolienne» di Starck ha
conquistato un’intera paginata sull’International Herald Tribune.
Prodotto da un’azienda italiana, la toscana Pramac, specializzata nella
produzione di generatori elettrici e componenti per impianti
fotovoltaici (e che nei mesi scorsi ha creato una newco con Banca
Intesa, la Solar Express, specializzata nella produzione di energia
solare), l’innovativo mulino a vento dovrebbe essere venduto ad un
prezzo tra i 500 e gli 800 euro e poi piazzato sul tetto della propria
abitazione. Collegato all’impianto di casa, sarebbe in grado di fornire
la gran parte del fabbisogno energetico domestico. Il rendimento, va da
sè, è legato a molti fattori, primo fra tutti l’esposizione a venti e
correnti.

DESIGN TRA LE TEGOLE – Ma sul fatto che un prodotto del genere
possa sfondare, lo stesso Starck sembra avere pochi dubbi, spiegando
che una buona parte del successo dell’«Eolienne» potrebbe arrivare
proprio dal suo design. E in effetti si è decisamente lontani sia dai
classici mulini a vento a pale tipici del panorama olandese, sia dai
moderni impianti piazzati in serie sulle creste delle colline per la
produzione di energia eolica su vasta scala. Il windmill di Starck, con
la sua forma quadrata, gli angoli arrotondati e, soprattutto, il look
sinuoso e accattivante reso dalla plastica trasparente con cui è
realizzato, si presta ad essere una presenza discreta sui tetti delle
città, molto meno invasiva di certe ventole metalliche di areazione per
canne fumarie o della selva di antenne, tradizionali o paraboliche, che
orna le sommità di molti edifici dove gli impianti centralizzati non si
sa neppure cosa siano. «In linea con il concetto di immaterialità – ha
spiegato il designer -, ho disegnato un windmill molto speciale:
bellissimo, la prima turbina eolica quasi invisibile

ECOLOGIA DEMOCRATICA – Starck, in un’intervista al Mondo, il settimanale economico del Corriere della Sera,
aveva parlato del suo microgeneratore eolico come di un esempio di
«alta tecnologia coniugata con la creatività attraverso un progetto
rivoluzionario». E aveva colto l’occasione della presentazione del
prototipo per presentare il suo nuovo credo: «Per vent’ anni – diceva
Starck ho creato oggetti che potessero essere acquistati da più persone
possibile, dallo spremiagrumi di Alessi alla sedia La Marie di Kartell,
contro l’ elitarismo del design. Ora desidero che l’ ecologia sia alla
portata di tutti. Il windmill rappresenta, infatti, la
democratizzazione dell’ ecologia. Sarà contenuto in una scatola e
venduto nei supermercati, a costi contenuti. Perché chiunque possa
decidere di comprarlo e, in pochi minuti, montarselo sul tetto di
casa». La collaborazione con l’azienda porterà anche alla realizzazione
di una nuova generazione di pannelli fotovoltaici, di barche a idrogeno
e auto elettriche. Insomma, tutto quello che può servire per rendere
sempre più compatibili le comodità della vita moderna e la
sostenibilità ambientale.

LA BARCA A IDROGENO – L’Herald Tribune non ha dubbi: se
Starck è riuscito per anni ad avere successo con quelli che lui stesso
ha definito oggetti inutili, figuriamoci ora che la sua creatività è al
servizio della massima funzionalità e della pubblica utilità. E la
dimostrazione pratica la darà, oltre che con il mulino a vento
domestico, con la concretizzazione del progetto di barca a idrogeno, il
cui primo esemplare realizzato sarà consegnato la prossima primavera
all’hotel Bauer di Venezia Del resto è lo stesso architetto a spiegare
quanto sia inevitabile che oggetti e beni di uso quotidiano, anche
quando si è sposata la causa della sostenibilità, siano in primo luogo
belli: «L’ecologia deve essere un piacere, non una punizione».

dal Corriere


Altroconsumo promuove il latte ‘NoLogo’

15 luglio, 2008

In tempi di carovita anche il prezzo del latte ha subìto forti impennate. In pochi mesi il latte è aumentato in media circa del 10% (dati Istat).

Questa crescita costante ha portato il latte fresco a superare la soglia di 1,60 euro al litro. Un caso esemplare è quanto è successo a un prodotto leader di mercato, venduto in tutto il Paese: il latte fresco Alta Qualità Granarolo. Nell’ultimo anno è aumentato del 12%: oggi un litro di questo latte costa 1,56 euro, un anno fa costava in media 1,39 euro (nostre rilevazioni). E Granarolo non è certamente un caso isolato.

Le cose possono anche andare peggio se per avere un po’ di comodità trascuriamo il supermercato e andiamo in un negozio sotto casa, dove può capitare di spendere un euro per mezzo litro di latte.

Mentre i nostri conti mensili sono sempre più salati, i produttori di latte si difendono sostenendo che questi aumenti bastano a malapena a coprire i costi di produzione, rincarati dalla continua crescita delle spese. In altre parole, la colpa dell’aumento del latte dipenderebbe dal costo del petrolio e dei mangimi. Ma anche dei negozianti, accusati di avere margini troppo alti. I rincari a carico del consumatore comunque ci sono già all’origine. Un esempio? Fino all’estate scorsa il latte lombardo alla stalla costava 35 centesimi al litro. In pochi mesi è aumentato del 20 per cento.

La situazione è a macchia di leopardo, visto che i prezzi all’origine (quelli alla stalla) sono stabiliti sulla base di accordi locali.

Cosa si può fare per cercare di non essere spennati? Almeno una notizia positiva c’è, e cioè che negli scorsi mesi sono comparsi sul mercato latti freschi a basso prezzo. Risparmiare, dunque, si può. Bisogna però saper scegliere i prodotti più economici. Senza perdere in qualità, come dimostrano i risultati del nostro test: una fotografia del mercato della Lombardia, tra i più rappresentativi a livello nazionale. Qui si produce il 40% del latte italiano (oltre 4 miliardi di litri l’anno).

Tra il prodotto di marca Granarolo e il latte di primo prezzo del nostro test (di Alta Qualità) ci sono in media 40 centesimi di differenza. Quindi scegliendo un prodotto della stessa qualità si può risparmiare: in un anno una famiglia media può spendere 17 euro in meno. Può sembrare un risparmio da poco, ma si sa che il bilancio familiare è fatto di tante piccole voci quotidiane che a fine mese si fanno sentire.

Promossi i meno cari

In tempi grigi per la sicurezza alimentare, e di sensibilità salutistica sempre più diffusa, il prezzo non è l’unico parametro di scelta. Chi acquista vuole avere certezze anche sulla qualità del latte che beve ogni giorno.
Il nostro test ha messo alla prova una categoria di latti di fascia bassa dal punto di vista del prezzo, rispetto ai quali alcuni consumatori potrebbero nutrire diffidenza. Si tratta di latti “primo prezzo” (venduti in alcune catene a costo ridotto) o nei discount. Tra questi 8 prodotti in versione economica sono inclusi anche 3 latti di “Alta Qualità”, che per legge devono garantire standard elevati sia come materia prima sia come prodotto finale.

La varietà di campioni è il segnale che il generalizzato aumento del prezzo del latte ha movimentato il mercato e l’offerta si è diversificata. Per fare un raffronto con una scelta più classica (e più cara) abbiamo inserito in tabella anche il latte Granarolo Alta Qualità. I prodotti sono stati acquistati nella grande distribuzione di Milano.

Gli indicatori di qualita’

Tutti i 9 campioni del test sono stati sottoposti a specifiche prove di laboratorio, che ne rivelano caratteristiche ed eventuali difetti.

scarica la tabella comparativa qui

dalla NewsLetter di AltroConsumo


500 Abarth, un pieno di tecnologia per la piccola terribile di casa Fiat

9 luglio, 2008

TORINO – La presentazione della 500 Abarth ricorda la pressione del tasto rewind su un registratore digitale. «Il marchio Abarth – dice Luca De Meo, amministratore delegato di Abarth – è un modello di business unico nel mondo dell’automobile. Noi costruttori diamo la garanzia di tutti gli standard di sicurezza, qualità e rispetto delle regole, non sempre così scontate in questo mercato».

LE NOVITA’ – Lo stile della 500 Abarth è stato modificato rispetto al modello originale: cambiamenti finalizzati esclusivamente alle prestazioni. Il padiglione è più ampio per diminuire la resistenza aerodinamica e aumentare l’aderenza all’asfalto. Il frontale è stato allungato per ospitare gli intercooler dei radiatori (necessari al raffreddamento dell’aria di aspirazione) e dell’olio di lubrificazione. Per la prima volta, in questa categoria, viene adottato il controllo della trazione e del differenziale, il Torque Transfer Control, che ottimizza il trasferimento della coppia motrice alle ruote. Il suo efficace intervento è avvertibile nelle curve affrontate a pieno gas. E’ stato modificato l’assetto delle sospensioni e potenziato l’impianto frenante, adottando quattro dischi (di tipo autoventilante quelli anteriori).

Guarda il video della prova su strada

INTERNI – All’interno, il volante, la pedaliera e i sedili avvolgenti rispecchiano lo spirito sportivo del modello. Il motore, un 1.4 16 valvole turbo da 135 cavalli, ha una coppia massima di 180 Nm, che possono diventare temporaneamente 206 grazie alla funzione overboost, attivando il pulsante “sport”. L’aut, secondo la Casa, raggiunge la velocità massima di 205 km/h e accelera da 0/100 orari in 7,9 secondi.

LA RETE – Sono già operativi 85 concessionari Abarth in Italia, Germania, Regno Unito, Francia, Svizzera, Austria, Paesi Bassi e Grecia. Tutti preparatori specializzati, con officine di assistenza vincolate a severi standard di servizio, abilitate a installare i kit di trasformazione. Entro la fine dell’anno verrà completata la rete europea, mentre nel 2009 è previsto lo sbarco in Giappone e nei Paesi oltre mare.

VERSIONI – La 500 Abarth costa 18.500 euro. Verranno anche introdotte due serie speciali, la 500 Abarth Opening Edition, con un motore 1.4 T-Jet da 160 cavalli e infinite dotazioni elettroniche utili ad aumentarne le prestazioni, e la 500 Abarth Assetto Corse, dedicata esclusivamente alle competizioni su pista. Alleggerita di 180 kg, quest’ultima variante ha le carreggiate più larghe e ruote da 17 pollici e monta un propulsore 1.4 da 200 cavalli, con una coppia di 300 Nm.

Bianca Carretto sul Corriere


Musica, le licenze libere spaventano la SIAE

8 luglio, 2008
Roma – Da anni se ne parla
e ora la Commissione Europea sembra aver perso la pazienza: alla UE non
va giù che le società nazionali di raccolta del diritto d’autore,
anziché cercare la via della liberalizzazione per far fronte al
digitale che avanza, si siano limitate ad una rete di accordi
incrociati destinati a proteggere le posizioni monopolistiche di
ciascuna. Non va giù al punto che ora la Direzione concorrenza
comunitaria sta lavorando su ipotesi che potrebbero sfociare in pesanti sanzioni antitrust per le 24 società che come la SIAE in Italia sono coinvolte in questo genere di raccolta.

Robin GibbUn’ipotesi che comprensibilmente non piace alla SIAE,
che racconta come molti autori proprio in questi giorni abbiano
espresso al presidente della Commissione José Manuel Barroso i propri
timori sotto forma di un appello pubblico. Temono che un regime di libera concorrenza tra le società di raccolta
in ambito europeo possa ridurre il settore ad un far west e creare una
corsa al ribasso del diritto d’autore, con conseguenze a cascata per
gli autori.

Va da sé che molti dei nomi che si sono mobilitati
sarebbero coinvolti direttamente da un’eventuale stretta: proprio come
in Italia per la SIAE, i maggiorenti di molte delle organizzazioni
uniche di raccolta sono nomi di spicco della musica, quelli che percepiscono le fette più importanti di diritti d’autore. Ai piccoli, ai giovani, agli emergenti, come noto, perlopiù arriva poco o niente.
La Commissione, invece, è pronta ad insistere per una liberalizzazione
che permetta agli autori di sfruttare i canali che preferiscono, demolendo i monopoli attuali e costruendo così un nuovo mercato, su nuove regole e più aperto.

Non è un caso dunque, se nella rappresentanza di ECSA (European Composer & Songwriter Alliance) che si è presentata dinanzi a Barroso
vi fossero nomi come Robin Gibb (nella foto in alto), che ha consegnato
un appello firmato, tra gli altri, da Paul McCartney, Ennio Morricone,
Caetano Veloso, David Gilmour ma anche Maurice Jarre, Bryan Ferry e via
dicendo. Gibb e gli altri hanno spiegato a Barroso che dal loro punto
di vista la condanna dei 24 monopoli e la revisione
dell’attuale sistema di raccolta significherebbe che “la attuale rete
internazionale di tutela delle opere musicali, cinematografiche,
radiotelevisive verrebbe messa in discussione, per quanto riguarda le
nuove tecnologie – on line, satellite ecc. – con gravi conseguenze per
gli aventi diritto”.

Non solo. Come recita la SIAE “si produrrebbe infatti una corsa al ribasso nei diritti d’autore che rappresentano il salario
degli autori e si determinerebbe una confusione nella gestione dei
diritti stessi per l’assenza di un unico referente in ogni territorio,
come invece accade oggi”. Secondo Gibb e gli altri “centinaia di
migliaia di piccole e medie imprese, autori ed editori, saranno
cancellati senza il vostro aiuto (di Barroso, ndr.). Riteniamo che
questo sarà un disastro epico per tutti gli europei, culturalmente,
socialmente ed economicamente”. Dal loro punto di vista la fine dei
monopoli significherebbe la fine del controllo dell’opera da parte
dell’autore. “Fondamentalmente – ha ribadito Gibb – è un diritto umano
che chi scrive un’opera abbia il controllo su di essa”.

un album di GibbChi
invece è del tutto favorevole ad un intervento deciso e risolutore
della Commissione, e che lo vede come l’unica via per accelerare il
processo di innovazione nelle forme di distribuzione delle opere
musicali, è l’industria della musica. Proprio in queste ore a Punto Informatico FIMI
fa sapere di sostenere la posizione della Direzione concorrenza
dell’Unione Europea (che lavora sull’ipotesi di sanzione) perché –
spiega – “è necessario assolutamente introdurre elementi di
competitività in Europa dove, a causa delle regole adottate dalle
collecting degli autori, la musica online è penalizzata”.

Va da sé che licenze liberalizzate e maggiore dinamicità, che i 220 nomi noti dell’appello a Barroso definiscono calamità, siano destinate a piacere a quegli autori emergenti che oggi spesso e volentieri si trovano a proteggere le proprie opere senza poter in alcun modo scegliere
le modalità di raccolta dei diritti e, come testimoniano in tanti,
senza spesso percepire alcun compenso per la diffusione delle proprie
opere negli ambiti della distribuzione che operano in accordo con SIAE
& C. in Europa.

Da Punto Informatico


“Sindrome Alitalia per le Fs, lo Stato ci aiuti o si chiude”

19 giugno, 2008

ROMA – Mauro Moretti è andato a trovare Giulio Andreotti e gli ha detto: “Senatore, non sono Napoleone, ma le Ferrovie si devono e si possono salvare”, ricordando il celebre motto andreottiano secondo cui i manicomi sono pieni di Napoleoni e di “salvatori” delle Fs. Andreotti ha sorriso ironico e con gli occhi a fessura da cinese gli ha risposto: “Complimenti, era tempo che non vedevo un ragazzo così orgoglioso e motivato”. Il “ragazzo”, dal 2006 amministratore delegato del carrozzone che più o meno fa marciare le carrozze dei 9 mila treni italiani, se la deve vedere con la “sindrome Alitalia”, che colpisce non solo i cieli, ma anche i binari d’Italia: “O si mettono dolorosamente a posto le cose – dice Moretti – o si chiude”. Senza contare la montante ostilità popolare di chi sui treni vive quotidianamente l'”effetto sardina” e l'”effetto monnezza”, oltre che la vaghezza del concetto di puntualità.

Ingegner Moretti, lei viaggia mai in incognito sui suoi treni?
“Sì, sempre”.

E se la riconoscono non teme il linciaggio?
“Guardi che dalla gente sento giudizi negativi, anche molto negativi, ma a volte positivi. Sugli Eurostar il gradimento è più alto di quello della Francia, dove interi pezzi di rete hanno problemi di manutenzione e non sono più sicuri. Nell’alta gamma il giudizio è buono sul rapporto prezzo-qualità, con una puntualità superiore rispetto a Francia e Germania”.

E sulla bassa gamma?
“La puntualità è migliorata, al 92% è entro i cinque minuti, ma capisco che è come la statistica del pollo. I punti di crisi sono nelle grandi città nelle ore di punta, tra le 6,30 e le 9, quando c’è la rush hour di domanda e si verifica l'”effetto sardina”. Se per l’incarrozzamento ci vogliono due minuti, ne risente la puntualità”.


L'”incarrozzamento”? Cos’è “ferroviariese”, come la “controlleria” dei biglietti?
“Lo ammetto il lessico ferroviario talvolta è un po’ obsoleto”.

Fosse solo il lessico, ingegner Moretti. Ma torniamo all’effetto sardina. Perché non si riesce ad evitarlo?
“Perché abbiamo pochi treni e poche carrozze, per di più vecchi. E il problema diventerà sempre più grave se non saranno presi i provvedimenti richiesti nel nostro piano industriale”.

Quali?
“Più treni e più nuovi, con un aumento del 50% nell’offerta nei prossimi quattro anni. Mille nuovi treni e nuovo materiale rotabile per il trasporto locale richiedono un investimento di 6,5 miliardi. Parte la mettiamo noi, ma parte ce la devono dare Stato e Regioni”.

In realtà, ingegner Moretti, lei sembra puntare sulle linee redditizie, magari scorporando la divisione Eurostar e quotandola in Borsa, lasciando alla deriva tutto il resto, se lo Stato non le da i soldi. E il sociale dove lo mettiamo?
“Guardi, io penso che i cittadini hanno diritto al treno, anche se non gratis come sosteneva Zangheri, antico sindaco di Bologna. Ma questo non è un diritto che possa essere garantito da un’impresa soggetta al codice civile. E’ come se la Fiat regalasse a tutti una “Punto” in funzione sociale. Capitava finché le Ferrovie erano un pezzo dello Stato e pagava Pantalone, ma ora non siamo più lo Stato, siamo una società soggetta al codice civile che io ho ereditato nel 2006 con 2,15 miliardi di perdite e un indebitamento di 9 miliardi, al limite dalla bancarotta. Ora la perdita è ridotta a 400 milioni”.

Perciò con il nuovo orario lei taglia treni Intercity, biglietterie e quant’altro.
“O si chiude, o, pur dolorosamente, bisogna mettere le cose a posto. Dove il mercato non copre i costi deve intervenire lo Stato. Come avviene in Germania e in Francia. Noi ricaviamo 3,6 centesimi per passeggero-chilometro contro i 7,5 della Germania, che salgono a 19,2 col contributo statale, contro i nostri 11,8. Se con l’aumento graduale delle tariffe e i sussidi raggiungessimo nel 2011 i 15 centesimi per passeggero-chilometro potremmo pagare 4,9 miliardi dei 6,5 necessari per l’acquisto dei nuovi treni per il trasporto regionale. Io avevo avvertito il governo Prodi che avremmo dovuto tagliare del 25% il trasporto locale in assenza di provvedimenti. Salvo, naturalmente, i treni garantiti di cui lo Stato ha stilato l’elenco”.

Tremonti vi ha promesso 300 milioni?
“Certo potrebbero far contenti i pendolari”

Ma che altro si appresta a tagliare, ingegner Moretti?
“Beh, tagliamo i ristoranti, che nessuno offre più, sono ormai un retaggio del passato, del vecchio “Pendolino”. Il servizio di ristorazione ci costa troppo. Non si può più andare avanti con l’abitudine secondo cui con le Ferrovie tutti ci guadagnano e l’azienda continua a perderci. E’ la stessa sindrome dell’Alitalia”.

Abbia pazienza, ingegner Moretti: voi le pulizie sui treni le pagate e continuerete a pagarle, ma perché non riuscite a garantire che i vagoni siano puliti?
“Ha ragione, i viaggiatori si misurano con le carrozze e i gabinetti sporchi, soprattutto quando devono pagare tariffe più salate. Stiamo indicendo nuove gare rigorosissime con regolamento europeo. Ma non creda che sia facile. A Napoli alcuni lavoratori delle imprese di pulizie hanno bloccato gli Eurostar e sono passati nelle carrozze a buttare monnezza. Li abbiamo denunciati. Questo non capiterà più”.

Il fatto è forse che l’azienda è permeata da una mentalità vetero-sindacale?
“C’è un problema di eccesso di garantismo. Non si possono garantire tutti a prescindere dall’efficacia del lavoro. Ma sulle pulizie il sindacato ha assunto una posizione di condanna per quelli che non svolgono il loro lavoro. Ed è bene si sappia che i dipendenti sono diminuiti nel 2007 da 94.500 a 87.000, con un incremento della produttività dell’8,5%. Non sono più i tempi delle conduzioni folli che hanno impiombato l’azienda”.

Quali sono state le più folli?
“Beh, quella di Ligato, quando io andai a fare il sindacalista. Una storia buia, un consiglio lottizzato ferreamente dai partiti, gli scandali, la perdita dell’onore ferroviario. Sono passati vent’anni, ma quello fu uno shock come Mani pulite”.

Come farete quando sull'”alta gamma” avrete a farvi concorrenza i treni di Montezemolo e Della Valle?
“Ben venga la concorrenza, andrà bene a tutti. Facciano le gare regionali per gestire le linee, ma le regioni non si illudano di avere in futuro delle Ferrari al posto dei vecchi treni”.

Lei non fa che parlare dei pochi mesi che mancano per il completamento delle tratte ad alta velocità. Ma che ne verrà per la bassa velocità dei pendolari?
“Il raddoppio dell’infrastruttura è fondamentale anche per i treni dei pendolari perché si liberano rotaie. Il problema, come ho detto, è che mancano i treni, oltre a delle Authority di bacino che io istituirei per la mobilità delle città metropolitane, dedicate al coordinamento di tutte le risorse di trasporto in un unico progetto sinergico”.

Conferma i tempi dell’Alta velocità Bologna-Milano e Torino-Salerno?
“Il 14 dicembre di quest’anno sarà al via la Milano-Bologna, il 14 dicembre 2009 la Torino-Salerno. Da fine anno ci vorranno 3 ore e 35 minuti da Milano a Roma, partendo da una stazione milanese bellissima che per quella data sarà inaugurata. A marzo 2009 saranno pronte anche Torino Porta Nuova e Napoli Centrale. Era dai tempi di Mussolini che in Italia non si facevano nuove stazioni”.

Par di sognare, arriva la mitica Alta velocità che costa il triplo rispetto al resto d’Europa e ha il quadruplo dei tempi di costruzione.
“Perché il nostro progetto è di Alta capacità, riguarda anche i treni merci, per cui richiede un’infrastruttura più resistente, da 25 tonnellate per asse, contro 15. E poi noi abbiamo più gallerie e viadotti”.

Ingegner Moretti, non vorremmo per educazione tornare sull’abusato calembour di Andreotti sugli inquilini dei manicomi, ma lei è sicuro che tra 178 giorni andremo da Milano a Roma in 3 ore e 35 e dall’anno dopo in 3 ore secche?
“Garantito. E’ già invitato al grande concerto rock d’inaugurazione che faremo il 14 dicembre nella nuova stazione centrale di Milano”.

da Repubblica

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Firefox 3 vuole governare il Web

17 giugno, 2008
Roma – Il Gran Paradiso a lungo promesso da Mozilla
agli utenti del Web sta per avverarsi. Nelle prossime ore Firefox 3 si
presenterà al pubblico nella sua veste finale, mostrando a tutti il
frutto di quasi tre anni di sviluppo: un lavoro iniziato prima ancora
del rilascio di Firefox 2, e sfociato in una riscrittura quasi completa
dell’ormai celebre browser open source.

Tra oggi e domani il debutto ufficiale di Firefox 3 verrà festeggiato in numerose località del mondo, a partire ovviamente dal quartier generale di Mozilla, nella città californiana di Mountain View: qui si terrà Camp Firefox, un evento a cui sono attesi migliaia di sviluppatori, giornalisti e semplici utenti. Tra i party informali organizzati in Italia si segnala quello
presso l’Università Milano Bicocca, nel piazzale di Biotecnologie, dove
i partecipanti sono invitati a portare “qualcosa per festeggiare”. Chi
desidera segnalare altri eventi italiani relativi al lancio di Fiefox 3
può avvalersi del forum di questa notizia.

Oggi Mozilla tenterà anche di inserire Firefox 3 nel Guiness dei primati come software più scaricato da Internet entro le prime 24 ore dal lancio. L’iniziativa prende il nome di Download Day,
e tutto fa pensare che Firefox e la sua community riusciranno a
centrare l’obiettivo. Nel momento in cui si scrive gli utenti che hanno
già preannunciato l’intenzione di partecipare alla sfida sono quasi un milione e mezzo,
di cui circa 60mila italiani. Il Bel Paese è, dopo Francia, USA,
Polonia, Brasile e Francia, il paese con il più elevato livello di
partecipazione (v. mappa).

Appena disponibile, la versione finale di Firefox 3 potrà essere scaricata da Mozilla.com, Mozilla Europe e Mozilla Italia. Come tradizione, il software sarà disponibile per Windows, Linux e Mac OS X in oltre 40 lingue, tra cui quella italiana.

In occasione del lancio di Firefox 3, Mozilla ha provveduto ad aggiornare il proprio sito dedicato agli add-on, addons.mozilla.org,
che ora sfoggia una grafica più accattivante, un nuovo e più
sofisticato motore di ricerca e un’interfaccia di navigazione capace di
mostrare le miniature con l’anteprima di estensioni e temi. Il
rinnovamento di questo sito si accompagna a quello del tool Componenti aggiuntivi
di Firefox, che ora consente di cercare e navigare tra estensioni,
plug-in e temi direttamente dalla finestra del programma. Molto utile
il fatto che la funzione di ricerca mostri solo i componenti compatibili
con la versione del browser utilizzata dall’utente: per visualizzare
l’elenco completo è sempre possibile cliccare sul relativo link che
rimanda al sito degli add-on.


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