Nuova energia dal peso di un passo

12 giugno, 2008
Roma – L’ecologia è il nuovo trend dell’ICT mondiale. Le aziende sono sempre più attente alle ricadute ambientali delle proprie infrastrutture e delle proprie tecnologie, ma la vera novità è che le fonti di energia alternativa si stanno facendo sempre più curiose e originali: chi avrebbe immaginato che fare la corsa per prendere il treno al volo potesse illuminare una stazione?
Victoria StationÈ quanto si accingono a realizzare nel Regno Unito, dove il pavimento della stazione di Victoria Station potrebbe trasformarsi presto in un generatore in grado di alimentare 6.500 lampadine. Secondo le stime dei tecnici che lavorano al progetto, il passaggio ogni ora di 34mila passeggeri dovrebbe essere in grado di garantire abbastanza energia da illuminare l’intera stazione, a patto ovviamente che si cammini con le proprie gambe senza imbambolarsi sui rulli.
L’idea è quella di utilizzare la pressione esercita dai piedi durante la rullata: il peso viene prima appoggiato sul tallone e poi scorre verso la punta, e questo movimento può essere sfruttato per far scorrere anche un liquido posto sotto il pavimento. Il flusso mette in movimento delle mini-turbine, che trasformano l’energia cinetica in energia elettrica, che a sua volta viene immagazzinata in delle batterie.
“Bisogna solo rendersi conto del fatto che tutte le strutture si muovono un po’ – spiega David Webb, uno degli ingegneri impegnato nella trasformazione di Victoria Station – Questo tipo di tecnologia serve appunto per sfruttare in modo utile l’energia prodotta da questo movimento”. Non soltanto i pavimenti possono essere sfruttati per questo scopo, ma anche le rotaie o i ponti dove transitano i treni: esperimenti in questo senso sono già stati portati a termine con successo, visto anche che la massa di locomotiva e vagoni e la velocità con la quale si spostano è decisamente superiore a quella di un passeggero.
I possibili sviluppi di questa tecnologia sono molteplici: qualsiasi oggetto in movimento, che si tratti di un elmetto calzato da un soldato o di una antenna sul tetto di un palazzo, potrebbe essere sfruttato per accumulare preziosa energia da utilizzare in seguito. Si tratta di tecnologia a portata di mano, che ha già visto alcuni prototipi funzionanti in circolazione, che probabilmente da sola non basterebbe a coprire l’intero fabbisogno di una città ma che potrebbe essere integrata con altre tecnologie per ridurre in maniera consistente la produzione di anidride carbonica causata dall’utilizzo di combustibili fossili.
È il caso, ad esempio, delle celle a combustibile. Da anni si discute di una loro sempre più imminente introduzione su larga scala, ma ora finalmente sembra che in Giappone si siano decisi a fare sul serio: sarebbero più di 3mila le famiglie di Tokyo pronte a far installare davanti alla propria abitazione un apparecchio per la cogenerazione di energia elettrica prodotto da Matsushita Electric. Un progetto che potrebbe espandersi velocemente, e che porrebbe la nazione del sol levante all’avanguardia nel cammino verso l’idrogeno.
Le celle a combustibile funzionano grazie ad una reazione chimica tra ossigeno e idrogeno, il cui risultato è elettricità e acqua calda: ciascuna abitazione potrebbe dunque sfruttare queste due risorse per tenere in funzione gli elettrodomestici e riscaldare gli ambienti. Un bel vantaggio, soprattutto per una nazione che non dispone di molte fonti di energia naturale e che, a causa dell’elevato rischio sismico che la contraddistingue, non è sempre in grado di garantire continuità ai servizi di fornitura di energia durante i disastri naturali.
Un gioco per cellulareIn ogni caso queste due tecnologie descritte, da sole non possono “salvare” il pianeta dal progressivo riscaldamento globale. Per fare fronte al pericolo di una Terra sempre più rovente, saranno molte le abitudini che l’umanità dovrà cambiare: come fare dunque a sensibilizzare l’opinione pubblica in questo senso? Magari con un software per telefonino, un gioco che faccia al contempo divertire e imparare.

I cellulari, d’altronde, sono tra gli apparecchi elettronici più diffusi sul pianeta: Connect2Climate tenta di sfruttare questa popolarità, lanciando una serie di applicazioni per giocare con il proprio apparecchio e sensibilizzare sui rischi del riscaldamento globale. Che si tratti di un orso polare che pone domande sull’inquinamento o di un colorato biplano che vola in cerca di consigli sull’ecologia, lo scopo è quello di fare edutainment. E chissà che dove non è arrivato il protocollo di Kyoto arrivi invece il T9.

Luca Annunziata su Punto Informatico


Moretti (Fs): «Con taglio dei fondi a rischio i treni locali»

12 giugno, 2008
Mauro Moretti (foto Laruffa)
ROMA – «Si sono create condizioni tali da costringerci ad abbattere una parte importante del capitale». Così Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, in un’intervista al Resto del Carlino.

I TAGLI – «Nell’ultima Finanziaria sono stati tagliati 330 milioni di euro per il trasporto locale; ad oggi ne sono stati restituiti solo 80 – spiega -. Noi non possiamo continuare a fornire servizi che non ci vengono pagati, pena il fallimento delle Ferrovie. Solo le istituzioni centrali o periferiche possono stipulare dei contratti di servizio pagando la differenza fra costi e ricavi, avendo da parte nostra la massima trasparenza ed efficienza. Oppure possono fare una gara».

IL PIANO – «Nel piano – precisa Moretti – abbiamo presentato tutta la lista dei treni in perdita, da 2,5 fino a 4,4 milioni all’anno ciascuno. E chi li paga?». Sull’alta velocità «avanziamo spediti, da diversi anni stiamo rispettando i tempi in maniera assoluta», assicura l’ad di Fs, sottolineando di aver assunto, per tale comparto, «un impegno personale». Alla domanda «Non farete la fine di Alitalia?», Moretti risponde: «La produttività dei ferrovieri è aumentata di 8 punti in un anno, hanno capito che si è aperta la fase della competizione e del mercato».
INTERCITY KO – E anche per gli Intercity le Ferrovie non cambiano rotta: per la Toscana sempre meno servizi e costi sempre più alti. È l’esito degli incontri che la Fit-Cisl, assieme alle altre organizzazioni sindacali, ha avuto con Fs. L’azienda ha confermato che dal prossimo 15 giugno, quando entrerà in vigore l’orario estivo, saranno tagliati una ventina di intercity, con una forte riduzione dei servizi di assistenza e biglietteria e la definitiva chiusura della biglietteria della stazione di Massa. Una decisione che obbligherà molti che devono spostarsi fuori regione a utilizzare gli Eurostar. Per questo la Fit ha confermato lo sciopero del trasporto ferroviario già proclamato, insieme a Filt e Uilt, per il prossimo 16 giugno, dalle ore 08,59 alle ore 16,59.
Secondo la Federconsumatori con l’estate «spariscono» gli Intercity anche in Emilia Romagna . Con il nuovo orario estivo, a partire dal prossimo 15 giugno saranno soppressi otto treni, sulle tratte Milano-Bologna-Firenze, Bologna-Ferrara e Carpi-Modena-Bologna. «Trenitalia ripropone la stessa cura del passato- attacca Federconsumatori- con un’ulteriore taglio del 3% di treni, questa volta a lunga percorrenza». Questo si aggiunge alla sospensione, dall’1 giugno, delle tessere Ic-Pass per gli abbonati del trasporto regionale. Nello specifico, sono quattro gli Intercity eliminati sulla tratta Milano-Bologna-Firenze, due sulla Bologna-Ferrara e altri due treni sulla Carpi-Modena-Bologna. «Questi tagli vengono messi in atto unilateralmente da Trenitalia- attacca ancora l’associazione dei consumatori- senza che venga avvertita l’esigenza di fornire dati di frequentazione a supporto della decisione. Tagli indiscriminati che danneggiano ancora una volta gli utenti dell’Emilia-Romagna, che, dopo essere stati indotti dal dicembre 2005 per la soppressione degli Interregionali all’utilizzo dei più costosi Intercity, ora si vedono togliere anche questa opportunità».

dal Corriere


Canone RAI, e ora si parla di abolizione

12 giugno, 2008

Roma – Il Canone RAI è a rischio. La quantità di denaro dei contribuenti che ogni anno confluisce nelle casse della Radiotelevisione di Stato potrebbe diminuire drasticamente, il fiume ininterrotto potrebbe interrompersi, forse persino del tutto. Ieri il senatore del PDL Alessio Butti ha confermato che sta per depositare al Senato una proposta di legge che mira alla riduzione del Canone, una riduzione che però non basta agli alleati della Lega, che reclamano l’abolizione.

In particolare la Lega ha presentato una proposta di normativa che potrebbe spazzare via una delle imposte più invise agli italiani. Secondo Davide Caparini, primo firmatario, “il canone di abbonamento
della RAI è diventato una vera e propria tassa di possesso sulla televisione, un balzello antiquato ed iniquo che non ha motivo di sistere anche in virtù del maggiore pluralismo indotto dall’ingresso
sul mercato di nuovi editori e dell’apporto delle nuove tecnologie”.

Su un fronte Caparini e Butti sono d’accordo: sulla enorme quantità di italiani che evadono il canone.
Una evasione che in qualche modo viene compresa, se non giustificata, perché avviene a fronte di una “imposta ingiusta, territorialmente e socialmente, anche perché colpisce indiscriminatamente,
indipendentemente dal reddito, dall’età e dall’utilizzo, e in particolar modo le fasce più deboli della popolazione”. Caparini ha anche tirato fuori un argomento spesso sottaciuto, ossia la natura di imposta del Canone: sancita dalla Corte Costituzionale, significa che deve essere basata sulla capacità contributiva del soggetto e non sul possesso di questo o quell’apparecchio.
Ma non è tutto qui. La RAI è sotto attacco anche sul fronte dei “falsi ispettori RAI” e sulle modalità di riscossione scelte dall’azienda, a detta di Caparini “profondamente lesive dei diritti del cittadino”. “La
RAI – spiega Caparini – ha sottoscritto una convenzione con l’Amministrazione finanziaria e in particolare con l’Agenzia delle entrate SAT. Che a sua volta subappalta ad una concessionaria. A coloro che hanno cambiato residenza o domicilio o che non hanno mai sottoscritto un abbonamento alla RAI o che hanno effettuato regolare disdetta del canone può capitare di imbattersi in falsi ispettori della RAI che, in modo subdolo e disonesto, tentano di far firmare un impegno alla sottoscrizione di un nuovo abbonamento alla RAI”.

Non sono peraltro molto distanti da quelle di Caparini le posizioni di Butti, entrambe raccolte da AdnKronos:
a suo dire il canone “è molto elevato”. Butti difende il fatto che è una imposta “e come tale va pagata” ma afferma la necessità che venga ridotta.

Più curiose le affermazioni di Butti secondo cui è inaccettabile che “usufruiscano del servizio adiotelevisivo pubblico sia i furbi che non pagano il canone sia i fessi che invece pagano
regolarmente e che entrambe le categorie usufruiscano del servizio radiotelevisivo pubblico”. Curiose perché, come ben sanno i lettori di Punto Informatico, oggi in Italia nessuno sa ancora dire chi abbia il dovere di pagare il Canone e perché.

Ad ogni modo, l’idea che il canone sia abolito non piace al Partito Democratico. Secondo il senatore Luigi Zanda, già consigliere RAI, “un conto è ipotizzare riduzioni del canone a favore di anziani con basso reddito, perché questo è sicuramente un problema di carattere sociale molto evidente, ma quella del canone RAI non è questione che si possa affrontare con superficialità”. A suo dire abolirlo è strong>improponibile perché “per la la tv pubblica esistono precisi e molto limitati tetti
di pubblicità che le tv commerciali non hanno”. Secondo Zanda è necessario garantire il servizio pubblico ed intervenire semmai sulla qualità dei programmi.

Il problema di fondo, però, rimane sempre quello: chi deve pagare il Canone RAI? E perché? Lo si deve pagare anche se non si ha una televisione ma si utilizza un personal computer?
E chi lo dice? Dopo anni di scaricabarile istituzionali dove l’unica certezza è data dal fatto che qualcuno il Canone lo riscuote, si torna a chiedere questa volta in Parlamento una parola definitiva, una chiarezza su quello che è divenuto uno dei grandi misteri italiani.

“Canone Rai anche per un pc? Una domanda semplice, una richiesta elementare di chiarezza che da anni rivolgo ad ogni possibile istituzione competente, senza successo alcuno e che oggi ripropongo con una interrogazione parlamentare depositata insieme al sen. Marco Perduca. Chissà che con
una nuova legislatura, un nuovo Governo, un nuovo clima e nuovi ministri non otterrò finalmente una risposta”. Così Donatella Poretti, radicale del Partito Democratico, che ha presentato un’interrogazione
ai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Economia e delle Finanze.

A suo dire “fra rimpalli di responsabilità e l’assenza di qualsiasi conferma ufficiale, migliaia di famiglie sono state oggetto di richieste di pagamento del canone per il solo possesso di un pc o un
videofonino, spesso attraverso cartelle esattoriali e provvedimenti di riscossione. Una situazione aggravata dalla disparità di trattamento riservata invece alle oltre 4 milioni di imprese con connessione
Internet, e quindi anche di un pc, alle quali il canone non viene richiesto”.

Nell’interrogazione parlamentare
Poretti e Perduca chiedono di sapere “quali degli apparecchi (…) presuppongono il pagamento del canone di abbonamento:
videoregistratore, registratore dvd, computer senza scheda tv con connessione ad Internet, computer senza scheda tv e senza connessione Internet, videofonino, tvfonino, ipod e apparecchi mp3-mp4 provvisti di schermo, monitor a se stante (senza computer annesso), monitor del citofono, modem, decoder, videocamera, macchina fotografica digitale”.

Va detto che fino ad oggi le varie realtà istituzionali interpellate – in particolare da ADUC, l’associazione degli utenti e dei consumatori che ha promosso una approfondita inchiesta sul Canone RAI e che ha raccolto più di 200mila firme per la sua abolizione – non hanno mai saputo offrire risposte definitive, spesso per
dichiarata incompetenza a decidere e altre volte perché troppo indaffarate per rispondere al quesito. Naturalmente, in caso di abolizione tutti i problemi di comprensione su cosa sia e dove vada il
Canone RAI sarebbero superati d’un sol colpo.

da Punto Informatico


Compri un cellulare? Attento alle radiazioni

12 giugno, 2008

Le soglie variano di Paese in Paese: in Europa più tolleranza che negli Usa

WASHINGTON (Stati Uniti) – Quando si acquista un cellulare bisognerebbe buttare un occhio anche a un valore che ne indica la radioattività chiamato, italianizzando un po’ la definizione, rateo di assorbimento specifico. Secondo il Cellular Telecommunications Industry Association (CTIA), lo specific absorption rate, il cui acronimo è SAR, indica la quantità di emissioni elettromagnetiche dei cellulari assorbite dal corpo umano.

I VALORI DI RIFERIMENTO – La Sar viene sempre espressa in Watt per chilogrammo e la soglia massima di radiazioni varia da Paese a Paese. In Europa è di 2 Watt/Kg, negli Stati Uniti è di 1,6 Watt/Kg. Più basso è il valore SAR, minore è la radiazione assorbita dal corpo. La webzine Cnet propone una tabella ragionata dei vari valori per modello e marca, arrivando alla conclusione che non ci sono marchi buoni o cattivi, ma semplicemente modelli attenti a questo aspetto non meno importante del prezzo o delle performance, anche se ancora gli studi non hanno dimostrato verità assolute sulla nocività delle radiazioni dei telefonini.

I DIECI MIGLIORI E PEGGIORI – Nella tabella di Cnet tra i 10 cellulari con livelli di Sar più alti troviamo sei modelli Motorola (che risulta indubbiamente un marchio poco attento), il RIM BlackBerry Curve 8330, il Samsung SGH-C417. Tra i dieci modelli meno radioattivi, c’è invece l’LG Chocolate KG800, due Motorola Razr, ben tre modelli Nokia e Samsung. L’iPhone è grosso modo a metà. La classifica è comunque indicativa, poiché il numero di radiazioni assorbite varia anche a seconda del soggetto che ne fa uso. In tutti i casi il valore Sar è un aspetto da non trascurare. Ed è bene sapere che nelle istruzioni per l’uso deve essere sempre specificato e, qualora non lo sia perché si tratta di un modello vecchio, si può farne richiesta al produttore.

Emanuela Di Pasqua sul Corriere
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ADSL, Altroconsumo esplora le tariffe

6 giugno, 2008
Roma – L’ADSL accelera e frena. Accelera in velocità e frena sui prezzi, che sono in discesa rispetto a un anno fa. Due tendenze apparentemente favorevoli, ma che in Italia non bastano all’utenza che naviga in un mercato poco concorrenziale e costoso per chi sfrutta poco Internet. È questo il quadro dipinto dall’inchiesta di Altroconsumo sulle ADSL praticate dagli operatori di otto paesi europei.

L’indagine ha toccato le offerte di connettività a febbraio 2008 di Italia, Spagna, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Francia e Gran Bretagna. La poca competitività del mercato del Belpaese – osserva l’associazione – è sottolineata dalla differenza di prezzo (meno del 3%) tra la miglior tariffa dell”ex-monopolista Telecom Italia e quella dei competitor: “Sintomo che la vera concorrenza, da noi, stenta a decollare” chiarisce Altroconsumo.

I navigatori meno assidui, coloro che sfruttano la rete in modo sporadico e non continuativo (10 ore al mese) sono i più penalizzati: “Il provider italiano più conveniente – spiega Altroconsumo – è Tele2, ma costa il 120% in più della migliore tariffa europea (quella di Talk Talk da 7,70 euro). Ben cinque Paesi ci precedono con offerte più allettanti. Per chi naviga 150 ore al mese (profilo alto), l”Italia invece ha la terza tariffa più economica in Europa (sempre quella di Tele2 da 16,90 euro al mese) per quanto riguarda velocità standard. Per velocità più elevate, però, quasi tutti i paesi europei dell”inchiesta (tranne Spagna e Portogallo) hanno tariffe più convenienti delle nostre”.

Anche per quanto riguarda le cosiddette “offerte combinate”, che offrono servizi di telefonia affiancati da connettività Internet, le sorprese positive sono poche: “Il contratto più conveniente è il tedesco 2 play 6 Mb dell”ISP Unitymedia, con un costo mensile di 25 euro. Ma anche l”Italia può vantare una tariffa piuttosto vantaggiosa: con soli 4,80 euro in più c”è l”offerta del provider Wooow.it che con il suo contratto Liberatutti Formula Zero permette con 29,80 euro mensili di navigare a 7 Mb in download e 384 Kbps in upload e avere telefonate illimitate verso i telefoni fissi”.

“I contratti dei principali provider italiani (Tiscali e Wind Libero) – prosegue l’associazione – si collocano nella fascia di prezzo che va dai 39 ai 40 euro. Costano quindi più del 150% del contratto tedesco”. A questo indirizzo è possibile consultare un grafico comparativo di questa tipologia di offerte.

Altroconsumo, però, si vuole spingere oltre alla mera comparazione proponendo un programma di calcolo interattivo con cui l’utente può ottenere una classifica di tutte le offerte di connettività più convenienti in base al profilo di utilizzo dichiarato. E per chi vuole avere una panoramica completa sulle offerte praticate sul mercato italiano, l’associazione mette a disposizione degli utenti una banca dati di tariffe Internet con circa 350 piani tariffari (tra ADSL, ISDN, Fibra ecc) di provider operanti in Italia.

da Punto Informatico


L’istituto fantasma dell’istruzione: Nomine a tempo di record, poi il nulla

5 giugno, 2008
ROMA—L’hanno battezzato, poco felicemente, «Invalsi ». E ora si è perso nelle nebbie. È l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione, ossia la struttura che dovrebbe misurare l’efficienza del nostro sistema scolastico, che finora è stato un buco nell’acqua. L’Invalsi viene creato nel 1999, con poche risorse e poco personale.

I progetti pilota avviati procedono a corrente alternata e i risultati raccolgono meno consensi che critiche. Finché arriva il governo di Romano Prodi e il ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni decide di afferrare il toro per le corna.

Per prima cosa commissaria l’istituto con una terna di esperti: Piero Cipollone, proveniente dalla Banca d’Italia, la direttrice della Fondazione Marco Biagi, Paola Germana Reggiani Gelmini, e Elena Ugolini, preside di liceo, molto vicina a Comunione e Liberazione, che aveva già un posto nel comitato direttivo dell’Invalsi al tempo di Letizia Moratti. Poi si cerca di avviare una specie di riforma, affidando all’Invalsi anche il compito di definire un sistema per la valutazione dei diecimila dirigenti scolastici. Com’è ovvio, non senza problemi. Secondo il Quaderno bianco sulla scuola di Fabrizio Barca per svolgere i compiti che gli sono affidati l’Invalsi dovrebbe diventare un’authority, avere 400 esperti (oggi ha 48 dipendenti) e almeno 20 milioni (attualmente ha un budget di 6 milioni). Insomma, una Smart che dovrebbe andare come una Ferrari.

Passa un anno e Fioroni decide comunque di mettere fine al commissariamento, ricostituendo gli organi. Ma riducendo all’osso la struttura: da otto a tre membri. Perché l’operazione sia inattaccabile si stabilisce di far selezionare i componenti dell’Invalsi a una commissione di tre persone: due alti dirigenti del ministero, Giuseppe Cosentino e Lucrezia Stellacci, e Ugo Trivellato, ordinario di statistica all’Università di Padova.

L’avviso si pubblica sulla Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2007. La scadenza per le domande è fissata per il 21 gennaio. Fa fede il timbro postale, ma con una velocità sorprendente anche per dei postini supermen, il giorno dopo, alle tre del pomeriggio, la commissione inizia a esaminare le domande: ne sono arrivate una cinquantina. Neanche 48 ore e il 24 gennaio, alle 18, è tutto finito. Con una rapidità supersonica quella stessa sera Fioroni firma il decreto di nomina dei tre componenti del comitato direttivo dell’Invalsi. E la mattina seguente, 25 gennaio, il consiglio dei ministri ratifica a razzo. Perché tanta fretta? Chissà. Ma il 25 gennaio non è un venerdì qualsiasi. Quel giorno il governo Prodi si riunisce dopo le dimissioni del suo premier. Il 24 gennaio, mentre freneticamente si completano le selezioni per l’Invalsi, il Senato sta negando la fiducia all’esecutivo di centrosinistra.

I tre prescelti sono Cipollone, Elena Ugolini e Claudio Giovanni Demartini, del Politecnico di Torino, al posto di Reggiani Gelmini. Il consiglio dei ministri designa pure il presidente, nella persona di Cipollone. Il giudizio degli esperti non è vincolante. Ma chi si ritrova in mano l’elenco degli idonei stilato dalla commissione non può non notare che fra i tre nominati dal governo manca proprio quello che aveva ottenuto il punteggio più alto. È Giorgio Allulli, ex direttore del settore istruzione del Censis, da molti anni dirigente dell’Isfol. Gli hanno dato 81 punti, contro 80 di Elena Ugolini, e 73 di Cipollone e Demartini. Eppure nella lista di quelli che dovrebbero rilanciare il merito nella scuola italiana il suo nome non c’è.

Dopo la nomina da parte del governo, la procedura prevedeva un passaggio alle commissione parlamentari, ma con il caos che c’era le commissioni non si sono riunite ed è scattato il silenzio assenso. A quel punto serviva soltanto il decreto di nomina del presidente, ma dopo le elezioni tutto si è bloccato di nuovo. Sono passati quattro mesi e nessuno sa dire quando e se l’Invalsi riemergerà dalle sabbie mobili del ministero e dalle insidie dello spoils system. Alla faccia dell’urgenza, di una scuola che va a rotoli, e anche del merito.

Sergio Rizzo, dal Corriere


Diamo il buon esempio…

20 Maggio, 2008

Un mondo migliore è frutto di ogni nostro gesto, direttamente o anche solo indirettamente, per l’esempio che diamo agli altri…
Questo video di YouTube mi ha fatto sorridere… ma anche pensare..
DIAMO IL BUON ESEMPIO, e forse non ci dovremo più lamentare così spesso dei ‘giovani’…


SOS Myammar: un aiuto a Medici Senza Frontiere

14 Maggio, 2008
Per sostenere le attività di MSF in Myanmar:

  • Donazioni on line con carta di credito tramite sito internet>>
  • Ccp 000087486007 – causale Myanmar/Birmania

Il 2 maggio il ciclone Nagir ha devastato il Myanmar (Birmania), provocando la morte di decine di migliaia di persone. Le equipe di Medici Senza Frontiere presenti nel paese hanno subito iniziato a valutare e rispondere ai bisogni della popolazione a Yangoon e nelle zone circostanti, distribuendo cibo e teli di plastica e avviando interventi per la potabilizzazione dell’acqua.

Myanmar (Birmania) - © Ap Images

Altre equipe di MSF sono in stand-by in attesa dei permessi necessari per potere entrare nel paese, mentre sono partiti i primi aerei cargo con materiale di soccorso.
Leggi gli approfondimenti >>


Pendolari, i nuovi malati

14 Maggio, 2008

MILANO – La giornata comincia all’alba: c’è un treno da
prendere. Poi l’attesa del convoglio, magari in ritardo, con
l’apprensione di una possibile perdita delle successive coincidenze.
Poi l’arrivo in città e l’attesa dell’autobus, del tram o della
metropolitana. E poi, l’agognato traguardo: l’ufficio, con la
«strisciata» del badge entro l’orario. Vita quotidiana da pendolari,
esposti ogni giorno ai capricci dei ritardi e dei tempi morti. In
Italia sono 13 milioni secondo il Censis.
Una massa di lavoratori che, minimo, rischia di cominciare a lavorare già stressato.
Lo
ha ribadito e sottolineato Massimo Di Giannantonio, psichiatra
dell’università Gabriele D’Annunzio di Chieti e dirigente della Società
italiana di psichiatria (Sip). «Sul pendolare grava un impegno che lede
la dimensione dell’identità», spiega Di Giannantonio. «E alla
condizione di stress si aggiunge l’instabilità e la vulnerabilità. I
pendolari non sono mai consapevoli della loro autonomia lavorativa. Per
loro il viaggio è una perdita di tempo, denaro, energia mentale,
concentrazione».

PERDITA DI CREATIVITA’ – Il prezzo viene pagato in vari modi, ma
anche e soprattutto con la riduzione della creatività sul lavoro:
«Impercettibilmente, anno dopo anno, il pendolare accumula stress e
fatica psicofisica, un gap in termini di rendimento e motivazione che
lo porta all’appiattimento lavorativo».
Il pendolare stanco è uno
stressato cronico, osserva Di Giannantonio, e «la manifestazione fisica
del disagio è la componente ossessiva che entra nel suo comportamento
quotidiano. Dovendo difendersi dalle situazioni che vive, sviluppa
aggressività e attenzione maniacale per i propri ritmi quotidiani».

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RITUALI OSSESSIVI – Il pendolare è severo nelle tabelle di
marcia, ossessionato dagli orari e da rituali di cui non riesce più a
fare a meno. Il campanello d’allarme, avverte lo psichiatra, «sono le
reazioni violente che ha nei confronti di chi gli tocca queste
abitudini». L’imprevisto, e tutto quello che intacca il ritmo dei suoi
viaggi, rappresenta un danno incalcolabile per il suo equilibrio
emotivo. «Il pendolare cronico – prosegue l’esperto – ha reazioni che
denotano una forte instabilità e irritabilità, perchè si è costruito
una struttura che non ammette deroghe». Non sono esenti da conseguenze
psichiche neanche i «pendolari fasicì»: chi affronta lunghi viaggi
settimanali o periodici. Un esempio sono i marinai o i lavoratori delle
piattaforme petrolifere. «In questo caso – spiega Di Giannantonio – il
pendolare va incontro a un’alternanza bioritmica negativa: per un
determinato lasso di tempo si occupa solo del lavoro raggiungendo la
piena realizzazione. Poi nel periodo di pausa, al ritorno a casa, si
sente improvvisamente come disoccupato, ha difficoltà a riempire tutto
il tempo di cui dispone e va incontro a noia, abulia e disadattamento,
con gravi conseguenze sui rapporti familiari».

dal Corriere


Qual’è il marchi più pulito del 2007?

22 aprile, 2008

Scopro con piacere che a risultare più rispettoso dell’ambiente è proprio FIAT.

Tra i dieci marchi più venduti in Europa nel 2007, Fiat è risultato il migliore per le emissioni di CO2, avendo fatto registrare il valore medio più basso (137,3 g/km). La casa italiana ha battuto la concorrenza di Peugeot e Toyota (141,9 g/km), Citroen (142,2 g/km), Renault (146,4 g/km), Ford (149,1 g/km), Opel (152,9 g/km), Volkswagen (161,7 g/km), BMW (176,7 g/km) e Mercedes (188,4 g/km).

All’appuntamento con le nuove normative comunitarie in fatto di emissioni, che saranno varate nel 2012, Fiat intende migliorare ulteriormente attraverso un piano di interventi su motori e trasmissioni, che comprenderà pure l’arrivo di due motori ibridi, benzina e diesel.

Grazie alla presenza nella gamma di 500 e Bravo dei motori “Euro 5 ready” e ai più recenti T-Jet e Multijet figli della filosofia del downsizing (ma non va dimenticata neppure la gamma di veicoli a metano), la casa di Torino ha incassato l’importante risultato di battere la concorrenza in questo campo sempre più importante anche presso i consumatori.

Onore al genio e alla tecnologia italiani.

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